Insomma sono arrivato a pensare così….cioè, che forse non esiste una barriera che separa due mondi. E anche se c’è, forse è una barriera di cartapesta sottile sottile. Che appena fai per appoggiarti, cede e tu ti ritrovi dall’altra parte. O piuttosto, l’altra parte è già riuscita ad infiltrarsi zitta zitta dentro di te, ma tu non te ne sei ancora accorto…”
Qual è il confine che ci separa dal sogno? Si può fuggire il tempo oltre i limiti del reale?
Queste sono le domande che percorrono in un filo elettrico le righe di Murakami Haruki che, in “After Dark”, si insinua nelle viscere della notte, nelle ore che la separano dal giorno.
Come una telecamera puntata sui destini dei suoi personaggi, Murakami ci attira dentro al suo romanzo, al limite di una dimensione in cui il corpo non ha più materia, e il proprio io si confonde nell’anonimato collettivo.
E’ notte nella metropoli Giapponese.
C’è una ragazza, Mari, che legge un libro seduta al tavolo di un locale.
C’è un ragazzo, Takahashi, che riconosce in lei la sorella della bellissima Asai Eri. Senza troppi complimenti si siede al suo tavolo e inizia a parlarle.
Sono le 23:57. Siamo in una stanza buia, anonima, e una donna bellissima, immersa in sonno simile alla morte, è risucchiata da uno schermo inspiegabilmente acceso. E’ Asai Eri.
Come una corsa angosciante, alla ricerca di un qualcosa che non trova mai sollievo, Murakami muove i fili incrociati dei suoi protagonisti, illuminando i punti di incontro e lasciando sospesi nel vento i dubbi che li inquietano.
Nei dialoghi tronchi, appena accennati, si svelano i segreti che la notte sembra liberare prima che un nuovo giorno li ringhiotta.
Così Mari, schiva e taciturna, incrocia la storia di una prostituta picchiata dal suo accompagnatore in un “love hotel”. Qui, gli incontri con personaggi improbabili, le permetteranno di rivelare il segreto di sua sorella, addormentata da due mesi.
Il mantenersi sveglia, è il modo in cui Mari mantiene il suo corpo concreto in un mondo surreale.
Come due facce della stessa medaglia, Mari e Eri si muovono parallele per tutto il racconto, per diventare un’unica forma solo nel finale.
Ingoiata dalla dimensione televisiva, come la principessa di una favola incatenata all’eternità, Eri, modella incredibilmente bella, decide di trovare nel sonno la fuga dalla sofferenza, rimanendo intrappolata nella sottile linea di confine che la divide dalla realtà.
Il sogno, l’altra dimensione, come unico sollievo, in cui il tempo perde di consistenza e quel grosso animale, che è la vita, si annulla.
Ogni capitolo è introdotto dallo scandire dell’ora, ogni descrizione è al presente, quasi passato e futuro si annullassero nell’unica linea di tempo in cui si muove il sogno.
In una suspanse che tiene incollati senza tregua alla storia, “After Dark” è un romanzo impalpabile, sfuggevole e coinvolgente in una maniera che solo l’alienazione del post-moderno può tradurre.