Non l’aveva mai visto dipingere, aveva visto solo i suoi quadri, schiaffi vividi di colore sulla tela, figure che la inquietavano da cui non riusciva a distogliere lo sguardo. La turbava guardarli e quante volte s’era chiesta se non fosse prigioniera di un sortilegio: amare l’arte e non la mano che impugnava il pennello. La baciava e ardeva di desiderio, nemmeno lui l’amava però, questo era chiaro ad entrambi. La guardava con disgusto, la rimproverava, la osservava attentamente individuando ogni difetto del suo carattere per poi farglielo notare, poi le diceva d’un tratto che era bellissima. Lei chiedeva, e chiedeva, e chiedeva ancora, supplicando attenzioni forse per il gusto di vedersele negare, le ore sembravano giorni allora. Impegnavano il tempo in schermaglie che nulla avevano d’amoroso, si torturavano senza lasciarsi, solo per fare del male, ognuno a se stesso finendo così per ferire anche l’altro, danni collaterali. Il sesso era la cosa migliore, non si chiesero mai abbastanza se la ragione fosse che in quei momenti finalmente tacevano. Lei cercava la pace nel posto sbagliato, rovistando tra le lenzuola, aggrappandosi con le unghie alla spalliera del letto, sperando che da quel solco potesse venire fuori la serenità agognata, come se potesse colare fuori un sangue miracoloso dai graffi che lasciava di proposito a curare il suo male. Lui nelle stesse lenzuola cercava di affermarsi in un mondo che lo voleva solo, incompreso, emarginato, le tirava i capelli, la schiaffeggiava, dominava l’amplesso, prigioniero di una vita che non lo vedeva dominare nulla. Erano due esseri seduti di spalle che nel tentativo di abbracciarsi finivano per strangolarsi a vicenda, schiena contro schiena.
Lei pianse molte più volte di quante ne avrebbe ricordate in seguito, lui si pentì a lungo non riuscendo a comprendersi, a darsi spiegazione, credendo perfino di amarla, di averne bisogno. Avevano trovato ambedue una smagliatura nell’anima dell’altro, nella necessità d’equilibrio avevano appoggiato la propria mano proprio all’inizio di quella slabbratura contribuendo a trasformarle tutte e due in buchi, buchi neri, che attraggono tutto quello che hanno intorno. Un buco nero è più affascinante dell’intero universo, contiene in sé la promessa di chissà quali meraviglie, non è altro invece che un gorgo infernale che si nutre di ciò che prima era una stella. Lei lo lasciò, proseguì la sua vita come nulla fosse mai accaduto, lui continuò a dipingere, se possibile con ancora più talento di prima.
Continuarono a camminare il linea retta, nessuno dall’esterno avrebbe potuto accorgersi di nulla, solo un osservatore attento guardando nei loro occhi avrebbe potuto vedere la coda d’una vecchia stella oramai morta inghiottita da quel buco.