Enorme, grigia e imponente, Ashdown sorgeva su un promontorio, a una ventina di metri dalla viva parete della scogliera, ed era lì da più di un secolo. Per tutto il giorno i gabbiani ruotavano intorno alle sue guglie e torricelle con strida rauche e luttuose.
La casa del sonno è da considerarsi probabilmente “il capolavoro” di Jonathan Coe. Il titolo del libro è significativo, tornerà più volte nel corso del romanzo e racchiude in poche parole il nocciolo della storia. La narrazione ha una sua precisa architettura e procede per incastri e geometrie. In una casa, Ashdown, ora sede di una clinica di ricerche sui disturbi del sonno, sono vissuti nei primi anni ottanta alcuni studenti, quando l’edificio era adibito a dimora universitaria. Ogni personaggio che incrociamo nel racconto ha sfumature piuttosto complesse; ognuno trascina con sé la sua storia e Ashdown diventa un autentico “castello dei destini incrociati”. Con un occhio sul passato e uno sul presente, Coe ci presenta Gregory, studente di medicina, in seguito psichiatra arrivista e distruttivo, personificazione di una hybris della scienza, tale da tendere ormai alla pericolosa e irresponsabile sperimentazione sull’uomo. Gregory è stato il primo fidanzato di Sarah, donna intorno alla quale girano le vicende di tutti gli altri. Personalità complessa e articolata, Sarah è affetta da narcolessia e non riesce a distinguere il sogno dalla realtà. Dopo la breve storia con Gregory, la ragazza ha una relazione con Veronica, lesbica passionale, impegnata e appassionata di teatro. La confusione sessuale di Sarah durerà poco; nel presente la ritroviamo insegnante, eterosessuale, ma ancora schiava dei disturbi del sonno. Robert è forse il personaggio più complesso, ma meglio riuscito, della storia. Giovane intelligente e vulnerabile, giunge ad Ashdown e si innamora di Sarah, riuscendo a scorgere in lei una bellezza che agli occhi degli altri resta celata, a causa di pregiudizi che fanno da velo. Per amore, Robert arriva a stravolgere completamente se stesso. Lo ritroviamo, nel presente, molto diverso dal romantico studente di lettere, che scrive poesie d’amore, tanto che anche noi lettori, come Sarah, faticheremo un po’ a riconoscerlo.
E poi Terry, Ruby e molti altri.
Con mano leggera, Coe affronta temi impegnativi come la maturazione, l’identità sessuale, la difficoltà di crescere e accettarsi. Lo fa toccando le corde del sentimento e insieme del paradosso. Nelle pagine dei libro, è possibile scorgere una critica alla povertà della cultura di massa e una velata polemica contro gli psicanalisti lacaniani e gli psichiatri in genere, nonché sull’assurdità di molti comportamenti propri dell’essere umano. Varie chiavi di lettura per un libro in cui il leitmotiv è, appunto, il sonno. C’è chi non dorme mai, chi troppo, chi ama guardare il sonno degli altri, chi dorme perché preferisce i sogni alla vita e chi sogna anche ad occhi aperti. Il romanzo, leggero e veloce, quasi mai banale, offre spunti di riflessioni fin dalle primissime pagine e insegna come, di fronte alle contraddizioni della vita, c’è una soluzione, anche se delle volte è completamente assurda.
Sarah?
Sul momento non riuscì a dire di più. Sarah la scrutò: non la riconosceva, non indovinava ancora.
Ci conosciamo?
Certo che mi conosci, disse lei. Sono io: Robert.