Cominciamo il canto delle Muse eliconie che di Elicone
possiedono il monte grande e divino;
e intorno alla fonte scura, coi teneri piedi
danzano, e all’altare del forte figlio di Crono;
e bagnate le delicate membra nel Permesso
o nell’Ippocrene o nell’Olmeio divino
sul più alto dell’Elicone intrecciano danze,
belle e soavi, e si muovono coi piedi veloci.
Di lì levatesi, nascoste da molta nebbia,
notturne andavano, levando la loro bella voce;
celebrando l’egioco Zeus e Era signora
argiva, dagli aurei calzari,
e la figlia dell’egioco Zeus, la glaucopide Atena,
e Febo Apollo, e Artemide saettatrice,
e Posidone, signore della terra, scuotitore del suolo,
e Temi veneranda, e Afrodite begli-occhi,
e Ebe dall’aurea corona, e la bella Didone,
e Leto e Iapeto e Crono dai torti pensieri,
e Aurora, e Sole grande e Luna splendente,
e Gaia, e il grande Oceano, e la nera Notte,
e degli altri immortali sempre viventi, la sacra stirpe.
Esse una volta a Esiodo insegnarono un canto bello,
mentre pasceva gli armenti sotto il divino Elicone;
questo discorso, per primo, a me rivolsero le dee,
le Muse d’Olimpo, figlie dell’egioco Zeus:
“O pastori, cui la campagna è casa, mala genia, solo ventre;
noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero,
ma sappiamo anche, quando vogliamo, il vero cantare”.
Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nel parlare,
e come scettro mi diedero un ramo d’alloro fiorito,
dopo averlo staccato, meraviglioso; e m’ispirarono il canto
divino, perché cantassi ciò che sarà e ciò che è,
e mi ordinarono di cantare la stirpe dei beai, sempre viventi;
ma esse per prime, e alla fine, sempre.
Esiodo
Iniziamo col dire che la Grecia antica non aveva nella propria religione né dogmi né un testo sacro o rivelato come molte delle religioni che conosciamo. Né una Bibbia né una Torah, alcun Veda; rituali tradizionali e racconti condivisi dall’ intera comunità (i miti) sono l’asse portante di tutto il credo ellenico, nessuno di questi richiedono un atto di fede o sono portatori sani di una verità data (troviamo infatti decine di formule e versioni diverse di molti miti) ma non per questo non incutono un certo rispetto o sono privi di senso.
I poeti sono dunque i teologi della Grecia (Omero ed Esiodo su tutti), l’ispirazione artistica risulta quindi essere il motore del sacro, la modalità principe della costruzione delle gerarchie celesti che in molti casi vanno a riflettere la situazione altamente gerarchica vigente nella società del tempo.
Il testo qui riportato è l’inizio della “Teogonia” di Esiodo; è l’investitura poetica che il poeta stesso celebra, l’invocazione alle Muse è passaggio obbligato per i poemi arcaici ma Esiodo la affronta in prima persona e la proclama per sé stesso. L’opera è dunque una descrizione dettagliata della genealogia divina, una precisa fissazione del pantheon, un enumerare sensuale e iperuranico della stirpe athanatos (essere che non conosce la morte) e ageraos (essere che non conosce l’invecchiamento) figlia di Gaia, madre anche degli uomini.
Esiodo è collocabile nel VII secolo a.C., periodo successivo ad Omero di parecchi secoli.