Proprio martedì scorso si teneva la fiaccolata in memoria di Zhou Zeng e sua figlia Joy, uccisi il 4 gennaio scorso nel quartiere romano di Torpignattara nel corso di una rapina. La notizia del duplice omicidio per il quale erano ricercati due marocchini, uno dei quali è stato trovato impiccato ieri mentre l’altro è ancora latitante, ha sconvolto l’opinione pubblica ed è rimbalzata sulle pagine di cronaca nazionale. A cadere sul suolo sono stati due cinesi, un commerciante 31enne e la sua figlioletta di pochi mesi.
Non sono mancati gli interventi delle Istituzioni, ma mi chiedo cosa sarebbe successo e quali interventi avremmo ascoltato se i due marocchini avessero ucciso un commerciante italiano con la sua figlioletta. Penso che il popolo italiano si sarebbe indignato ancora di più, qualcuno avrebbe voluto manifestare contro questi stranieri che vengono qui in Italia, ci rubano il lavoro e ci ammazzano la gente, qualche politico, in grande stile populista, avrebbe dichiarato che era una vergogna, che bisogna esigere sicurezza e magari con qualche affermazione colorita, avrebbe detto che è meglio rispedirli a calci nel sedere nel paese di provenienza questi extracomunitari. Ciò non è successo, a cadere sul suolo sono stati due cinesi. Bisogna dire che c’è stata grande solidarietà tra i commercianti e non solo. Al passaggio della fiaccolata, partita dai giardini di piazza Vittorio, nel cuore del quartiere multietnico del rione dell’Esquilino e diretto nel luogo dell’omicidio, moltissimi titolari di attività hanno abbassato le serrande in segno di lutto e molte persone si sono unite alla fiaccolata per esprimere solidarietà alla comunità cinese.
Vale la pena di soffermarmi un attimo sul rione dell’Esquilino. Trasferitomi da pochi mesi a Roma, mi reco di frequente in tale quartiere perché in esso ci sono gli studi attuali della radio in cui lavoro e poi c’è la sede dell’università dove seguo i corsi. L’impressione che mi ha fatto il quartiere multietnico è semplicemente positiva: pulito, ordinato, ho avuto modo di notare che i negozianti sono gentili in quanto ho fatto delle compere, insomma un quartiere normale e tranquillo. Mi sono chiesto sempre quanto pregiudizio ci sia nei confronti di questi quartieri multietnici che sorgono nelle varie città italiane e mi chiedo se invece di aver timore o essere prevenuti, non sia meglio, al contrario, cercare di avvicinarci di più alle culture e ai modi di vivere degli stranieri che vengono nel nostro Paese solo per vivere meglio. Ci sono coloro che delinquono, è vero, ma le mele marce sorgono ovunque, quanti sono gli italiani che delinquono all’estero?
Non fermiamoci a vedere soltanto quello che ci fa comodo, fermiamoci a vedere le migliaia di badanti dell’Est Europa, fermiamoci a vedere gli africani dei vari paesi della loro terra che lavorano nei pub, nelle birrerie, nei bar e che spesso a fine giornata lavano anche i bagni del locale anche se in teoria non spetta a loro, fermiamoci a vedere le donne delle pulizie russe, fermiamoci a vedere tutti quegli immigrati invisibili, ovvero quelli che sono sfruttati in quanto non ancora regolari. Quando capitano tali eventi di cronaca come la tragedia di Zhou e Joy, non pensiamo solo a gridare a voce alta che esigiamo la certezza della pena per gli assassini, fermiamoci un attimo, riflettiamo e poi andiamo avanti. Mi ha colpito molto il fatto che la moglie di Zhou, Lucia King, rimasta ferita nel corso della rapina, prima della fiaccolata di cui lei ne è stata l’organizzatrice, ha ripetuto tre volte, in un suo intervento, che la manifestazione sarebbe stata pacifica. Quasi come se avesse voluto chiedere scusa di aver avuto l’esigenza di scendere in piazza, quasi come se avesse dovuto garantire per i propri compatrioti, quasi come se avesse avuto il timore di non essere creduta.
Resta così il fatto di cronaca, resta il dolore di Lucia, resta la caccia all’altro assassino, resta la morte assurda di due persone… a noi non resta che riflettere e non gettare nel dimenticatoio quest’episodio. Ma soprattutto ci resta da capire che fa male vedersi e sentirsi diversi ed è per questo che io non sostengo nessuna razza.