Si è spento all’età di 91 anni nella sua abitazione di Milano, nel giorno di Natale, il giornalista Giorgio Bocca dopo una breve malattia. I funerali si terranno stamane alle 11 a Milano, nella basilica di San Vittore al Corpo, in via San Vittore, nella stessa zona dove il giornalista abitava. Partigiano, scrittore, polemista, giornalista, Bocca è stato indubbiamente una firma di grande valore del giornalismo italiano.
Nato a Cuneo nel 1920, nella metà degli anni ’30 già cominciò a scrivere per periodici locali e poi per il settimanale cuneese ‘La Provincia Grande’. In seguito, durante la guerra, si arruolò come allievo ufficiale alpino e dopo l’armistizio fu tra i fondatori delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Ricominciò quindi la sua attività giornalistica che diventerà la sua professione, scrivendo prima per il giornale di ‘GL’, poi per ‘La Gazzetta del Popolo’, per l’ ‘Europeo’ e per ‘Il Giorno’. Per quest’ultima testata Bocca pubblicò importantissime inchieste, raccontò il boom economico anche sotto altre luci, sottolineando le zone d’ombra. Segnalò prima di molti altri giornalisti i problemi del Meridione così come analizzò in maniera critica i punti deboli dell’industrializzazione rapida del Paese.
Nel 1976, insieme ad Eugenio Scalfari e ad altri, fondò il quotidiano ‘La Repubblica’, con il quale ha sempre collaborato. Per il settimanale ‘L’Espresso’ teneva la rubrica ‘L’antitaliano’, e proprio il suo ultimo articolo risale al 28 novembre scorso quando Bocca, per la rivista sopracitata, trattò il tema dell’alluvione in Liguria. Nella sua lunga carriera compaiono anche libri di vario genere: dall’attualità politica e dall’analisi socioeconomica all’approfondimento storico e storiografico. Il prossimo 11 gennaio uscirà postumo, per ‘Feltrinelli’, il nuovo volume ‘Grazie no’. Un pamphlet questo, contro chi si è assuefatto all’Italia odierna, dove cose che dovrebbero far indignare passano sotto silenzio. Sette, secondo l’autore, i punti a cui ci si deve ribellare: la crescita folle; la produttività, il nuovo dio; la lingua impura; il dominio della finanza; la corruzione generale; la fine del giornalismo; l’Italia senza speranza.
Insignito della medaglia d’argento al valor militare, nell’aprile 2008 il giornalista piemontese vinse il ‘Premio Ilaria Alpi’ alla carriera. In quell’occasione dichiarò che “Tutti quelli che fanno il giornalismo lo fanno sperando di dire la verità: anche se è difficile, li esorto e li incoraggio a continuare su questa strada”. Ospite nel 2008 nella trasmissione televisiva di La7, ‘Le invasioni Barbariche’, condotta da Daria Bignardi, Bocca sottolineò come “I giornalisti della mia generazione erano mossi da un motivo etico: ci eravamo messi tragedie alle spalle, perciò il nostro era un giornalismo serio. Oggi la verità non interessa più a nessuno e l’editoria è sempre più al servizio della pubblicità“.
Intervistato invece sempre nel 2008 nella trasmissione di Rai 3, ‘Che tempo che fa’, condotta da Fabio Fazio, l’ ‘antitaliano’ spaccò l’opinione pubblica in due in seguito ad alcune sue dichiarazioni riguardanti la situazione di Napoli. A molti intellettuali, scrittori e giornalisti del Sud, non piacquero le sue affermazioni che parlavano di una situazione ormai senza speranze. Pertanto fu anche bollato come ‘Antimeridionalista’, e a molti altri non andò giù neanche la pubblicazione del libro ‘Napoli siamo noi’, edito da ‘Feltrinelli’ nel 2006. Cadere in futili e banali campanilismi è molto facile, dico solo che però nell’occasione dell’intervista nella trasmissione sopracitata, mi parse fuori luogo menzionare battute da bar, semplicemente perché da un intellettuale di quel calibro ci si aspettava un’analisi molto più costruttiva e profonda. C’è chi disse che quelle furono solo provocazioni e delle semplici boutades. Chiamatele come volete, io penso che chi ha la possibilità di parlare in pubblico e ricopre un ruolo di alto spessore intellettuale, abbia il dovere di esprimere concetti sempre più elevati e ben articolati. Infine Bocca, concluse l’intervento sulla città di Napoli sostenendo che nascere nel capoluogo campano era “Un’enorme sfortuna”. Fu un suo parere ed ho un profondo rispetto per la libertà di pensiero. Ma con questa opinione di colui che è stato senza ombra di dubbio un grandissimo del giornalismo italiano, in tutta sincerità, non potrò mai concordare.