C’era una volta una tenera principessina dai capelli dorati di nome Victoria, fermamente convinta che le favole prima o poi si avverino, e che le principesse siano destinate a vivere per sempre felici e contente: la piccola credeva nella magia dei desideri, nel trionfo del bene sul male e nell’amore che vince ogni cosa; le sue convinzioni si basavano sulla saggezza delle favole
Ebbene risuona maestosa la saggezza delle favole…l’imperativo comune di tutte le bimbe che si addormentano con “e vissero felici e contenti” credendo fermamente che, sì, le favole esistono e si ne saranno anche loro protagoniste un giorno.
E’ questo il punto, o meglio è questo il “mostro” che Marcia Grad nel suo libro La principessa che credeva nelle favole cerca di distruggere: non liberare la principessa dalle grinfie della matrigna, rigorosamente perfida e gelosa della sua angelica figura; non cercare di risvegliarla da un sogno forzato ne tanto meno liberarla dalla prigionia di un torre fatiscente; la scrittrice vuole in poco meno di trecento pagine liberare la giovane fanciulla e ogni giovane fanciulla che dalle favole viene deviata, dalla sbagliata convinzione che bisogna aspettare il principe azzurro perchè la vita abbia inizio e che assolutamente la liaison per essere perfetta deve avere tra i protagonisti un “lui” dall’animo valoroso, l’aspetto affascinante e il cavallo bianco!
“Arriverà mai il mio principe?” “Si cara un giorno arriverà!” “E sarà forte, coraggioso , bellissimo e affascinate?” “Ma certo! sarà come lo sogni e ancora più incantevole; sarà la luce della tua vita, la tua ragione di vita” “E vivremo per sempre felici e contenti come succede nelle favole?” “Si, proprio come nelle favole”
Con questo genere di premesse è veramente difficile che non si rimanga scottati poi quando ci si scontra con la realtà; Marcia Grad non vuole “educare” ad un nuovo stato mentale per il quale bisognerebbe radere al suolo anni e anni di favole Disney e fiabe raccontate; vuole solo aggiustare il tiro, rendere meno duro l’impatto con la concretezza dell’amore che sebbene detto così possa sembrare un ‘ossimoro riuscito male è proprio quanto più di reale esista; l’amore c’è, ed è magico; ma la magia sta non nell’essere qualcosa di fiabesco, anche perchè in tal modo obbiettivamente si combatterebbe ad armi impari , ma proprio nell’essere imperfetto e nel continuare nonostante tutto;
Il principe e la principessa avranno come ostacoli mostri, draghi e perfide matrigne ma il lui e il lei della città, del monolocale anzichè del castello dovranno vedersela con ben altri problemi di una mela avvelenata o di uno sputa fuoco!
Liberarsi del proprio principe azzurro per cercare uno reale o meglio per trovare prima sé stessi e poi amare qualcun altro; e se Victoria, la protagonista del romanzo arriva a queste verità attraverso peripezie e avventure di ogni tipo accompagnata da esseri stranamente animati e catapultata in luoghi fantastici, le lettrici si serviranno di queste pagine per raggiungere lo stesso obiettivo.
La magia rimane, è naturale, rimane il principe, il castello, il cavallo e il bacio ma rimangono lì, nelle storie di c’era una volta in un posto indefinito senza diventare motivo di confronto con il giorno preciso e il luogo esatto; così facendo si troverà il vero amore, la vera magia e anche se il cavallo assomiglierà a un motorino e il principe azzurro a volte vestirà di nero, sarà meglio delle fiabe perchè sarà magicamente vero.
“Si è così” -replicò il gufo-“Perchè una persona ne ama un’altra nello stesso modo in cui ama se stessa: con tenerezza e accettazione o con intransigenza e rifiuto”