I sottili confini attraversati da un migrante che non sa riconoscersi nella sua terra d’origine
Dopo quindici anni vissuti negli Stati Uniti il narratore fa ritorno in Nigeria, riabbracciando con un sentimento di nostalgia misto ad ambiguità la metropoli della sua infanzia. Il protagonista senza nome di Ogni giorno è per il ladro di Teju Cole (pubblicato da Einaudi) è mutato profondamente e il suo ritorno è quello di un estraneo, di chi non riconosce fino in fondo il luogo da cui proviene.
Fin dal primo passo in patria osserva i suoi conterranei alle prese con la corruzione invadente. Per la maggior parte degli abitanti della zona non è una questione morale, ma un fastidio come un altro da risolvere il più in fretta possibile. Osserva distaccato lo sfacelo intorno a lui, quasi non appartenesse a quelle strade malmesse e corrotte. Il suo Paese d’origine non è miraggio e affetto incondizionato, ma è un luogo che accende il suo senso critico rispetto alla situazione politica e sociale. Cita, tra gli altri, l’autore nigeriano Michel Ondaatje: «La Nigeria è un posto ostile per la vita della mente» e a Lagos capisce i motivi per cui andarsene era così necessario, perché ancora quella città gli risulta incomprensibile e invivibile.
Come sedimenta l’identità di uno straniero in terra straniera? Come può erodere i confini identitari un oceano separatore? Teju Cole focalizza su un breve lasso di tempo lasciando nell’ombra gran parte del passato del suo personaggio. È deciso a delinearlo solo attraverso i pochi passi fatti a Lagos, un territorio di perdita, dove è meglio distaccarsi dagli affetti prima che scompaiano prematuramente. Elenca automatico, non senza dolore, la lunga lista di vittime della criminalità che si snoda negli anni della sua giovinezza. Quanto più si amano le persone, e quante più sono, maggiore sarà la sofferenza quando le si perderanno. Elementare, ma incisivo. Anche il ricordo di un episodio vissuto durante l’infanzia, quando un ladro al mercato subisce delle violenze, si imprime nel suo cuore per non lasciarlo mai più. “Ogni giorno è per il ladro, ma uno è per il padrone” è un antico proverbio yoruba che indica perfettamente il contesto da cui il protagonista è fuggito tanto tempo prima. Lagos lo lascia interdetto, affascinato e deluso, a tratti anche speranzoso.
Teju Cole scrisse questo libro prima del suo più famoso Città aperta, ma qui racconta una sorta di proseguimento ideale al vagabondare metropolitano nella Grande Mela. In questo percorso personale e identitario l’autore si aiuta con delle fotografie in bianco e nero con intenzioni documentarie: l’imposazione è da reportage, ma ci restituisce tutta la nostalgia intima e profonda che lo ha accompagnato.