Dobbiamo imitare i saggi della tribù,
gli anziani che impartiscono il segreto secolare;
e i saggi della folla non hanno alcun segreto
né da impartire né da occultare. Eppure:
ciascuno cerchi il suo modello,
quelli che non ne hanno sono schiavi,
come quelli che scelgono per modello uno schiavo.
L’uomo libero insegna libertà,
il veritiero insegna verità,
il nobile insegna nobiltà.
La terra è piena di figli di nessuno;
eppure là, sulle vette dei secoli
si ergono come statue i grandi antenati
che a tanti morti diedero volto e voce.
Non troverete nel baratro un padre
ma in ciò che ancora non è stato travolto,
cospicua eredità rimasta senza eredi.
Juan Rodolfo Wilcock
Una poesia-appello. La parola ad un poeta sicuramente meno conosciuto di quanto si dovrebbe, Juan Rodolfo Wilcock. Argentino di nascita, ma naturalizzato italiano, Wilcock è stato oltre che poeta e scrittore di grande talento anche un critico letterario de “L’Espresso”.
Di lui l’illustre Elio Pecora, notando la trascuratezza che circondava il suo nome, tesse un bellissimo elogio in “Quattro poeti fra dimenticanza e trascuratezza: Wilcock, Romagnoli, Guidacci e Ortese”. In questo interessante scritto a proposito del nostro autore si legge: “L’autore argentino, fattosi italiano, ha ricchezza di umori e strumenti di conoscenza ampissimi. La sua intelligenza è avida fino alla spietatezza e allo spasimo, la sua visione del mondo è allo stesso tempo crudele e tenera. È fra i primi a leggere Wittgenstein; nota dominante della sua scrittura è l’attenzione alla parola «corrosa e depravata dall’uso comune ». Già nella sua prima raccolta in spagnolo ammette la fatica estrema che deve affrontare chi pretende di esprimersi: «Senza la sistematica riconquista del dizionario è probabile che il letterato non diventi mai libero proprietario della lingua, bensì condomino, assieme ai più sprovveduti dei suoi compagni, di un mero gergo».
Queste parole sono perfettamente appropriate per commentare “Avviso ai Mediocri” tratta dalla raccolta “Tre stati”. Un appello i mediocri, un avviso e contemporaneamente un invito a fare di più, a fare meglio.
Quasi un gioco linguistico, che si concentra sulla ripetizione di un concetto focale: leggere il passato e rinnovare il futuro. Siamo eredi di un tesoro di esperienze che spesso non sappiamo tesaurizzare.
Il passato può offrirci modelli di libertà, verità e nobiltà. La chiave di volta è emulare senza rimanere schiavi. La tendenza più facile è infatti la spersonalizzazione. Wilcock, al contrario, ricompone l’identità degli innumerevoli figli di nessuno. I nostri antenati hanno messo insieme un patrimonio di immane grandezza che però trascuriamo, invece di accogliere e innovare, preferendo poi la mediocrità e l’ombra.
Una sapiente costruzione formale, un tema di grande interesse sono i punti di forza di questo componimento. Un testo che ci porta a riflettere, a interrogarci sulla nostra presunta o reale mediocrità, che ci invita ad agire, e a reimpostare gli schemi della nostra personalità, attingendo dal passato così da poter volare in alto nel futuro.