Gèmmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.
Giovanni Pascoli
Non solo un mese dell’anno, ma una stagione del cuore.
Noto come il teorico della poetica del “fanciullino”, Giovanni Pascoli non ha bisogno di alcuna presentazione. Di tanto in tanto è anche importante volgere lo sguardo ai grandi nomi della nostra letteratura. Niente è mai banale, niente è ripetuto o risaputo. Anche se magari già letta e studiata, una poesia del nostro repertorio “classico” può aprire degli spunti di riflessione nuovi e originali.
In questa celebre poesia contenuta nella raccolta Myricae, il nostro poeta dedica una riflessione alla stagione autunnale, emblematicamente racchiusa nel mese di Novembre.
Una piacevole e soleggiata giornata è ciò che viene descritto nella prima strofa. Forse presagio di una primavera fuori stagione? In verità quel sole è una falsa illusione. Tutto l’ambiente circostante ricorda che siamo in autunno. È il tempo della tristezza, del freddo e del nudo. I rami degli alberi sono secchi e spogli e disegnano figure nere nel cielo vuoto.
Le uniche sensazioni che Novembre riesce a trasmettere sono infatti assenza e mestizia. Ecco allora che pian piano ci spostiamo da una situazione fisica e oggettiva ad una condizione dell’anima. L’autunno veicola l’idea della fine, della morte che è destinata a tutte le cose. La felicità è per l’uomo precaria come il sole a Novembre. Pertanto lo sguardo del fanciullino parte da cose semplici e arriva all’essenza di realtà più grandi.
Pochi versi, dunque, che non si limitano a descrivere banalmente una stagione dell’anno, ma cercano di raggiungere una profondità diversa, versi nei quali il poeta cerca di ascoltare il silenzio che penetra inesorabile in tutte le cose. Novembre, nell’immaginario di Pascoli, è metafora di assenza e morte.