Paolo di Paolo: giovane (quasi) trentenne, il cui nome è ormai noto negli ambienti letterari. Laureato in Lettere, ha cominciato molto presto a destreggiarsi tra carta e penna. Numerosi i riconoscimenti; ultima conferma è la classificazione del suo romanzo “Mandami tanta vita” tra i finalisti del Premio Strega 2013. La sua vita lo allontana un po’ – forse – dal protagonista del suo libro. Moraldo è un giovane ipersensibile che vive nell’Italia degli anni Venti. Un periodo delicato che inevitabilmente deve aver inciso sulla vita dei ragazzi di allora. Moraldo si sente soffocare nell’ambiente familiare e si trasferisce a Torino per seguire lezioni di filosofia. Qui la sua vita si incrocia con quella di un coetaneo, diverso per temperamento e modo di affrontare la vita. Piero è spavaldo, coraggioso, attivo. Giovane intellettuale iscritto a Giurisprudenza, il Gobetti è tutto ciò che Moraldo vorrebbe essere, ma che non può essere perché prigioniero di troppe ansie e paure. A soli ventiquattro anni, Piero ha già fondato riviste, una casa editrice e ha un temperamento ribelle, combatte attivamente la deriva autoritaria del Paese. Moraldo cerca più volte di avvicinare Piero attraverso lettere, con scarsi risultati. Per un caso fortuito, il giovane all’ennesimo ritorno a Torino per una sessione d’esami scambia la sua valigia con quella di un fotografo che cerca subito di rintracciare. Grande la sorpresa nello scoprire che il bagaglio appartiene a una donna, Carlotta, donna sfuggente in partenza per Parigi. Nel frattempo anche il Gobetti si era dovuto allontanare dall’Italia, nonostante la nascita di un figlio, alla volta della Capitale francese dove avrebbe potuto esprimere più liberamente le proprie opinioni. A questo punto entrambi i giovani partono per Parigi, uno per realizzarsi, l’altro inseguendo una fantasia d’amore. L’entrata nella vita adulta comporta sacrifici e non è semplice per tutti: c’è chi riesce senza troppo dolore ad abbandonare illusioni e sogni giovanili, concretizzando progetti e chi –invece- fatica a trovare un suo posto nel mondo. Moraldo guarda a Piero come un esempio non solo professionale, ma umano:
Più che parlargli di articoli e disegni, all’editore giovane Moraldo avrebbe chiesto come si fa: come si fa a essere come te, come si arriva al punto per cui il talento, la sicurezza di sé, le occasioni si impastano nelle dosi giuste e fanno da combustibile per un lancio, per un volo. Cosa ho sbagliato. Cosa non so fare. Gli avrebbe chiesto consigli. Forse anche un po’ di conforto, vergognandosene all’istante.
In fondo, però, sia Piero che Carlotta non sono altro che fantasie. E alla fine del libro Moraldo apprenderà che cosa vuol dire, finalmente, crescere; l’angoscia, lo strazio di perdere una parte di sé, lasciarsi alle spalle i miti dell’infanzia, accettare i propri limiti, scoprirsi, con profondo dolore, estremamente soli.