Il pensiero m’insegue in questo borgo
cupo ove corre un vento d’altipiano
e il tuffo del rondone taglia il filo
sottile in lontananza dei monti.
Sono tra poco quarant’anni d’ansia,
d’uggia, d’ilarità improvvise, rapide
com’è rapida a marzo la ventata
che sparge luce e pioggia, son gli indugi,
lo strappo a mani tese dai miei cari,
dai miei luoghi, abitudini di anni
rotte a un tratto che devo ora comprendere.
L’albero di dolore scuote i rami…
Si sollevano gli anni alle mie spalle
a sciami. Non fu vano, è questa l’opera
che si compie ciascuno e tutti insieme
i vivi i morti, penetrare il mondo
opaco lungo vie chiare e cunicoli
fitti d’incontri effimeri e di perdite
o d’amore in amore o in uno solo
di padre in figlio fino a che sia limpido.
E detto questo posso incamminarmi
spedito tra l’eterna compresenza
del tutto nella vita nella morte,
sparire nella polvere o nel fuoco
se il fuoco oltre la fiamma dura ancora.
Versi toccanti, partoriti dalla penna di uno dei più grandi autori del Novecento: Mario Luzi. Il poeta toscano, scomparso da pochi anni, ci ha lasciato opere di straordinaria bellezza, testimonianze vive del proprio tempo, punti di riferimento per intere generazioni che in esse riscopriva – e ancora oggi riscopre- il volto autentico della propria esistenza.
Con l’umiltà, propria dei migliori, e l’abilità da grande artigiano della parola, Luzi sa e riesce a scendere nel profondo della coscienza, toccando con il pensiero e con l’anima le corde più autentiche dell’essere umano. Già da bambino – avrebbe detto più tardi – sapevo che la mia vita sarebbe stata interamente occupata dal linguaggio. Fin da allora i versi sono entrati a far parte sistematicamente della mia esistenza, e la poesia è un pensiero costante.
In tutta la sua opera, il poeta non si è mai allontanato dalla vita, attratto sempre più dagli interrogativi che dalle certezze.
Ermetico, esistenzialista, nostalgico; ogni etichetta appare riduttiva e sembra abbracciare solo alcune delle fasi percorse dall’autore.
Restano i versi.
In questa poesia, riferita a un momento preciso della sua esistenza, Mario Luzi sembra fermarsi per un attimo, pronto a esprimere le preoccupazioni e le speranze di un uomo giunto alla soglia dei quarant’anni. Tempo di bilanci, nella consapevolezza di una maturità conquistata a fatica. Gli occhi rivolti all’indietro, la storia di un uomo immortalata sulla carta. Quasi quarant’anni, fatti di ansie e gioie, di perdite e incontri, di accettazione e rifiuto.
Sono i sorrisi e le lacrime, gli affetti lasciati alle spalle perché è così che ha voluto la vita.
In questi endecasillabi sciolti, ricchi di figure retoriche tra cui numerosi enjambement, il poeta ci lascia toccare i suoi pensieri, accarezzare la sua nostalgia, empatizzare con le sue paure, assecondare le sue illusioni.
I versi si concludono con un augurio di speranza : tutto quello che un essere umano sente e vive nel corso della sua esistenza non può e non deve andare perso!
Credenti, laici, atei, agnostici, tutti abbiamo bisogno di credere che ci sia un fine ultimo, un senso…malgrado troppe volte ci sfugga.