Manaka, ventitré anni, è cresciuta in una casa circondata da un grande giardino, a pochi passi dalla casa di Hiroshi che, dopo essere stato il compagno di giochi dell’infanzia e l’amico intimo dell’adolescenza, è diventato suo marito. La loro vita sembra procedere senza scosse fino alla morte del nonno di Hiroshi, con cui il ragazzo ha sempre vissuto dopo essere stato lasciato dai genitori, che avevano deciso, anni prima, di entrare a far parte di una setta religiosa in America. Fin da piccolino, Hiroshi era stato talmente spaventato di perdere il nonno che, alla fine, quando le sue paure si trasformano in realtà, cade in una malinconia profondissima e s’isola completamente. Nel momento in cui decide di mettere a posto la casa del nonno, viene a conoscenza di dettagli particolarmente sinistri riguardo alla setta religiosa di cui fanno parte i genitori e ne è angosciosamente sovrastato. Per cercare di ritrovare serenità, i due giovani partono per una seconda luna di miele alla volta dell’Australia, dove la madre di Manaka vive da anni dopo aver abbandonato il padre e la figlia. In occasione dell’incontro, la madre spiega alla figlia il motivo della sua fuga. In questa atmosfera di rivelazioni intime, anche Hiroshi riuscirà a raccontare la propria tragedia.
Manaka è visibilmente più estroversa di Hiroshi: fa tutto a modo suo, senza farsi troppi problemi. Grazie al suo atteggiamento più disinvolto riesce a superare il dolore e la perdita più rapidamente del marito, mentre Hiroshi, in modo del tutto opposto, fa fatica ad elaborare il lutto e non si lascia mai andare a sentimenti dominanti o volenti, problematici e difficili da gestire. Muore il nonno, ma in lui non c’è disperazione: piuttosto un’insolita apatia, come se non fosse più capace di immaginare la sua vita, di sognare, di avere speranze per il suo futuro. Nello stesso modo, il suo amore per Manaka non è passionale e travolgente com’è normalmente quello dei ragazzi della loro età: l’autrice lo descrive, infatti, come “una piccola margherita sbocciata in una corteccia vuota”.
L’intero libro è dominato da un profondo fatalismo. I due protagonisti si comportano in maniera tale da dare vita ad un’atmosfera inerte, passiva, indolente, e loro stessi appaiono indifferenti a quello che accade nel mondo. Nel romanzo le persone sono descritte come“ tante vite tutte simili tra loro sparse da ogni parte, che nuotano accompagnate da un numero infinito di pensieri”.
Non viene opposta alcuna resistenza all’inesorabile percorso della vita, tanto che la tristezza diventa cupa e pigra e Manaka e Hiroshi si pongono di fronte al mondo con assoluta freddezza. Esemplare di questa imperturbabilità è la scrittura della Yoshimoto quando parla della morte: i periodi sono brevi e concisi, i sentimenti espressi con rapidità, quasi spogli, radicali e sobri. La narrazione spesso subisce un effetto di sospensione anche se la vicenda effettivamente non si ferma, in un mondo che appare sfuggente, nostalgico, rarefatto e in cui i personaggi sembrano quasi storditi, tanto si sentono schiacciati dal destino.