Povera vita, meschina e buia, alla cui conservazione tutti tenevan tanto! Tutti s’accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose, quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole quasi, di fronte alla grandezza del mostro da atterrare.
Non romanzo, non diario né vera e propria autobiografia, Una donna di Sibilla Aleramo potrebbe definirsi “esercizio di autoanalisi” in forma letteraria: un doloroso resoconto su come avrebbe potuto e dovuto essere il proprio vissuto.
Primi anni del Novecento; la protagonista, privilegiata per nascita, più ricca e colta delle sue coetanee, conduce un’infanzia e un’adolescenza idilliache, accanto al padre Ingegnere che porta con sé da Milano alle Marche la sua famiglia, per dirigere una fabbrica di bottiglie. Uomo affascinante e intraprendente, sarà lui a trasmettere alla figlia gli ideali di forza e intraprendenza nei quali ella crede. Difficile, invece, il rapporto con la madre, considerata troppo debole e sottomessa.
La vita scorre tranquilla, fino a quando scoppiano una serie di tensioni tra i genitori della protagonista, che sfociano in un tentato suicidio della madre. La ragazza scopre poi, grazie all’aiuto di un giovane operaio della fabbrica, che il padre ha una relazione extraconiugale e da quel momento prende verso di lui una posizione giudicante che porterà alla rottura affettiva tra i due.
A quel punto, senza certezza alcuna, la donna si darà proprio all’uomo che con perfidia e incoscienza le aveva portato un tremendo colpo, mettendola a conoscenza dell’adulterio paterno. La rivolta nei confronti di una famiglia borghese, le cui strette maglie non reggono più, si traduce in un matrimonio sbagliato, in fondo non voluto e preparato da lei stessa inconsciamente, cercando una via di fuga. Essere una donna maritata […] con l’esistenza definitivamente fissata, è l’illusione che fa sperare all’inquieta e moderna coscienza della donna di Aleramo di sottrarsi ai cambiamenti e alle tensioni che ella ha scoperto nascenti in sé e nel mondo. Un incontro, dunque, cercato per sottrarsi forzatamente a se stessa.
Tuttavia, le ipocrisie di un legame sbagliato si rivelano ben presto, portando la donna da un ideale dell’amore quasi bovaristico ( “che cos’era, che cos’era quella forza oscura che mi si rivelava così d’un tratto, quell’amore di cui le mie letture m’avevan dato un concetto chimerico” ), a una tragica compassione verso il marito, anch’egli in fondo vittima della reciproca incapacità di comprendersi e compenetrarsi appieno. Così come un Amore Vero può salvarci dalle difficoltà quotidiane e addolcirci la vita, tanto più un legame sbagliato può uccidere emotivamente e mortificarci nel profondo.
La nascita di un figlio non salverà la situazione tra i coniugi.
Per aver risposto alle attenzioni di un uomo, il marito la maltratta e la chiude in casa per un certo periodo, durante il quale, in un momento di sconforto, tenta il suicidio.
A causa di un dissapore con il suocero, il marito decide di lasciare la fabbrica e di trasferirsi a Roma con moglie e figlio.
Proprio nella Capitale, la donna avvia una collaborazione giornalistica con una rivista femminile che la rende maggiormente cosciente del fatto che una donna deve poter esprimere, anche al di fuori della famiglia, la sua identità e conquistarsi una vita indipendente.
In seguito a un lento cammino di rigenerazione e un faticoso percorso interiore,decide di abbandonare la casa e il bambino al quale è dedicato il libro,nella speranza che possa comprendere la tormentata strada che l’autrice-protagonista ha sentito di dover percorrere.
Dalla narrazione, intimista ma universale a un tempo, traspare quello che è il vero motore della storia: il bisogno di autodeterminazione proprio di ogni creatura, che poco ha da spartire con il senso di semplice sopravvivenza:
ubbidisci al comando della tua coscienza, rispetta sopra tutto la tua dignità, madre: sii forte, resisti lontana, nella vita, lavorando, lottando. Consèrvati da lontano a noi; sapremo valutare il tuo strazio d’oggi: risparmiaci lo spettacolo della tua lenta disfatta qui, di questa agonia che senti inevitabile.