Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima: l’azione è come il verde di certe piante che spunta appena sopra la terra, ma provate a tirare e vedrete che radici profonde. Quanto ci avrò pensato a scrivere quella lettera? Sei mesi, poichè erano giusto sei mesi che quel signore si era costruito la villa al ventesimo chilometro sulla Cassia.
Lo scrittore Alberto Moravia è mosso, nello scrivere, dalla sua sensibilità nel vedere e capire l’universo umano : sensibilità che se da una parte è base comune a chiunque faccia della penna la diretta portavoce del cuore, dall’altra nello specifico caso dello scrittore e giornalista romano è dovuta tra le altre cose, anche alla tubercolosi ossea, malattia che contrae il Moravia ragazzo, costretto così a restare a letto per molti anni e a dedicare molto tempo all’osservazione della vita degli altri.
Le tematiche affrontate da Moravia nel corso della sua vita sono diverse: dall’esistenzialismo, all’alienazione, al modo di vivere la sessualità a seconda del proprio back ground, all’ipocrisia e alla fatica umana, il più delle volte inutile, di raggiungere la felicità.
Nel 1954 Alberto Moravia pubblica la sua raccolta di storie, Racconti Romani dopo aver a lungo analizzato il ventaglio delle situazioni umane della sua terra natia.
Settanta racconti della Roma del secondo dopoguerra si susseguono l’uno dopo l’altro aventi per protagonisti uomini e donne che cercano di ricostruirsi, di dimenticare la guerra, di sopravvivere a loro stessi in qualsiasi modo possibile.
E’ una realtà variegata,analizzata con una chiarezza e una precisione tali da dare al lettore la sensazione, dopo averne letto le storie, di conoscere realmente quei personaggi, di aver compreso le ragioni per le quali il disoccupato truffa il prossimo o di essere stati all’interno di quel treno affollatissimo per Ostia, diretti a trascorrere una giornata di mare; o di aver bevuto e cantato nelle osterie del centro, o di essere stati lì, presenti a quelle baruffe, a quelle grossolane forme di corteggiamento, al soggiorno definitivo dei furfanti, nel carcere Regina Coeli.
Le storie vengono raccontate tutte in prima persona (fatta eccezione per Gli occhiali), concatenate le une alle altre ed unite dalla necessità comune di vivere e sopravvivere nella Roma popolana , suburbana degli anni cinquanta.
Bisogna andare avanti con qualsiasi mezzo; Bisogna arrivare a fine giornata …sembra essere questo il messaggio degli uomini del Moravia, naturali, istintivi, come bestie non addomesticate che graffiano per difendersi, che cercano di tener testa alle mille difficoltà che devono affrontare conservando un ‘umanità bonaria tipica di chi comunque non ha voglia di arrendersi.
vedi non c’è coraggio e non c’è paura…ci sono soltanto coscienza e incoscienza…la coscienza è paura…l’incoscienza è coraggio…quel signore adesso è un incosciente; lui non sa di abitare in una villa solitaria, in mezzo alla campagna, a disposizione, per così dire, di chiunque lo voglia aggredire…o meglio lo sa con la testa, ma non lo sa con le budelle…è insomma incosciente ossia coraggioso…io, con la mia lettera, lo renderò cosciente,ossia pauroso…tutto a un tratto si accorgerà di essere in pericolo e allora avrà paura e pagherà…
La storia è molto semplice; Emilio, giovane ragazzo di umile origini, lavora nel negozio della madre; un giorno passando per villa Sorriso, propone per scherzo alla ragazza Santina, di scrivere una lettera minatoria al proprietario; la ragazza appoggia da subito l’idea; a quel punto Emilio non può più tirarsi indietro: scrive la lettera, la porta alla villa ma nell’andare via con la sua bici incrocia l’auto del proprietario. A quel punto da incosciente/coraggioso diventa cosciente…ha paura…Già immagina un eventuale processo, il mancato appoggio di Santina, la condanna e infine l’accusa anche dell’omicidio di Vaccarino compiuto qualche tempo prima poco distante da quella villa e a lui probabilmente imputato dal maresciallo alla luce di quella lettera.
Decide dunque di tornare alla villa e di riprendersi quella lettera che l’avrebbe rovinato per sempre; fortunatamente non era stata letta dal proprietario, ed era ancora lì, vicino al cancello.
Santina delusa dalla mancata attuazione del piano, decide di non vedere più il ragazzo.
Hai avuto paura insomma-disse lei con disprezzo;- Già ma lo vedi che avevo ragione io: il coraggio è incoscienza e non se parla più finchè non mi sono fatto una nuova incoscienza; E lei delusa se ne andò dicendo che ero un vigliacco ; e da allora quando mi incontra mi domanda canzonatoria: “beh l’hai ritrovata l’incoscienza?”