Il libro, scritto da Graciliano Ramos pubblicato nel 1938, narrato in terza persona (contrariamente alle opere precedenti dell’autore) , racconta la saga di una famiglia di retirantes: Fabiano, Sinhà Vitòria, i due figli e la cagnetta Baleia, che come migliaia di altre famiglie nordestine combattono contro la siccità periodica, che trasforma la terra in un deserto arido e invivibile. Fabiano è un bovaro, un uomo bruto che ha enorme difficoltà nell’articolare parole e pensieri; non ha aspirazioni, nè speranze, odia il mondo in cui vive ma è convinto che niente possa cambiare ciò che la natura ha voluto:
la siccità gli appariva come un fatto necessario-e l’ostinazione del bambino lo irritava.Certamente quel piccolo ostacolo non aveva nessuna colpa, ma rendeva più difficile la marcia, e il bovaro aveva bisogno di arrivare, non sapeva dove
Sinhà Vitòria, sua moglie, è molto più furba e intelligente, potrebbe essere definita quasi come la parte riflessiva del marito; i due figli, allo stesso modo dei genitori, sono opposti:da una parte il figlio più piccolo, più animalesco e meno ragionevole come il padre, da lui tanto ammirato; dall’altra il figlio più vecchio, più astuto, più curioso come la madre, che riesce con meno difficoltà degli altri componenti della famiglia, ad esprimere i suoi pensieri.
La cagnetta Baleia, invece, nonostante sia un animale, diversamente da tutti gli altri personaggi appare molto più chiara e decisa nelle sue scelte: paradossalmente, il suo, è il pensiero più lineare e umano.
La storia si sviluppa in una fazenda abbandonata dove Fabiano riesce a trovare lavoro fino all’arrivo di una nuova seca che obbliga la famiglia a mettersi nuovamente in viaggio verso luoghi meno ostili.
Con una storia narrativa ciclica, la storia termina così come era cominciata, con un cammino ma questa volta, probabilmente , verso un futuro migliore.
Vidas secas aderisce ad un genere letterario tra il romanzo e un libro di racconti: qui, non è il personaggio ad avere un ruolo di primato ma il narratore che fa sentire la sua voce attraverso il discorso indiretto, costruito di frasi brevi, incise, dove i temi che ritornano sono quasi sempre gli stessi: il paesaggio arido, l’animalizzazione e l’antropomorfizzazione delle creature, i pensieri frammentati dei personaggi , la loro costante fuga accompagnata dal desiderio di trovare un posto e di fare di questo la loro casa, in maniera definitiva.
Nel libro; Fabiano , Sinhà Vitòria, i due figli e la cagnetta Baleia, sono personaggi ombra che si muovono come automi in una realtà che li opprime e da cui non esiste via d’uscita: vengono presentati dall’autore già dalle prime righe come disperati, stanchi e affamati: gli abiti che indossano, gli oggetti che portano sulle spalle hanno il potere di rappresentarli:
I poveretti avevano camminato tutto il giorno, erano stanchi e affamati.(…) Vitòria con il figlio minore a cavalcioni sull’anca e il baule di lamiera sulla testa, Fabiano tetro, sbilenco, la bisaccia a tracolla, la ciotola appesa a una cinghia fissata al cinturone, il fucile ad acciarino sulla spalla. Il figlio maggiore e la cagnetta Baleia venivano dietro.
Nel fluire della narrazione viene fuori una costante: lo spazio; è lo spazio che compone la storia, la trama, il carattere dei personaggi; esso è intrinsicamente legato all’individuo, ne condiziona le scelte, ne scatena la violenza, la certezza che per sopravvivere bisogna contrastarlo.
Il modo di essere, le condizioni precarie dell’esistenza nordestina, il banditismo e il misticismo sono le reazioni alla difficile vita imposta dall’aridità e successione della siccità.
Vidas secas è un romanzo interiore con pochi dialoghi e molte riflessioni; attraverso questo libro si può guardare alla storia brasiliana, come se fosse un documento, che inserito in un contesto più ampio, potrebbe definirsi una vera e propria storia del paese dove il sertao non è solo luogo mistico di ambientazione delle opere ma simbolo di un paese fatto di disuguaglianza sociale e ingiustizia politica: il Brasile.