” the heart is a lonely hunter” per dirlo con le parole di Carson McCullers autrice del romanzo.
La Cullers nasce nel profondo sud degli Stati Uniti, elemento da non sottovalutare per la comprensione del suo scritto: le pagine sono intrise dell’atmosfera opprimente, chiusa, cupa della “coda” dell ‘America anni trenta. Perchè se il razzismo faceva da padrone, non poteva che avere come effetto che una distanza tra gli uomini, un odio, una solitudine.
Cosa allontana davvero gli uomini? Cosa li separa in gruppi, in forti e deboli, in giusti e sbagliati?
L’ignoranza sembrerebbe essere la risposta più adeguata; ma ancora meglio la paura del diverso, dunque del nemico solo perchè diverso.
Leggendo le pagine de Il cuore è un cacciatore solitario balza agli occhi una verità terrificante: nell’estate del 1938, nel paesino sperduto e disilluso del nuovo continente, gli uomini sono soli, gli uomini sono sordi.
Il vero sordo, quello affetto da una menomazione uditiva è il protagonista, Jhon Singer: in realtà questo personaggio è paradossalmente quello che riesce a sentire, a sentire col cuore.
John Singer lavora in un’orificeria e vive in una camera d’affitto della famiglia Kelly; ha un’amico, il suo migliore amico, col quale ha condiviso dieci anni della sua vita e la sua malattia; Antonapoulos è infatti anch’egli sordomuto ma è anche demente e per questo rinchiuso in una clinica psichiatrica.
I due muti non avevano altri amici e, a eccezione delle ore lavorative, se ne stavano insieme loro due soli.
Sono lontani i due amici, lontani per ovvie ragioni e questa è un tipo di solitudine dell’uomo.
Il romanzo è pieno di distanza, distanza di cuori, di pensieri, ognuno col suo cuore, col suo pensiero.
Mick, figlia della famiglia dei Smith, è una ragazzina amante della musica: le note sono sue amiche, l’arte il suo mondo, solitaria.
C’è poi il personaggio dell’anarchico Jake Blount, individualista estremo al punto da allontanare gli altri non riuscendovi a comunicare se non con foga ed ira; l’anziano dottore nero Copeland, rigidamente marxista , abbandonato dalla sua famiglia e abituato a ormai a vivere nella comunità per prestarvi servizio ma fondamentalmente solo.
Il cuore è un cacciatore solitario è a tutti gli effetti l’emblema della disabilità, manifestata in una maniera (fisica) o in un’altra( mentale) e raccontata da una penna femminile carica di talento e sensibilità. l’autrice è vicina ai suoi personaggi, alle loro storie, sia perchè il sud è il suo paese dunque conosce appieno le dinamiche degli anni 30 in America, sia perchè è vittima di una parziale cecità e paralisi.
Il romanzo, pubblicato negli anni quaranta del Novecento è stato considerato vera e propria letteratura : “perchè la letteratura, quando uno la mette giù , non è che un senso di vuoto e di disperazione ma con un sentimento di essere stati nutriti dalla verità”
Il cuore prese a battergli veloce e dovette appoggiarsi al banco per non cadere. In un rapido bagliore gli apparve per un’istante la visione della lotta umana e del suo valore. Del cammino senza fine dell’umanità attraverso il tempo infinito. Di quelli che lavorano e di quelli che semplicemente amano e per un’istante la sua anima si aprì alla gioia : ma solo per un attimo(…)
sospeso tra due mondi vide il proprio volto riflesso nello specchio : la faccia convulsa e le tempie madide di sudore, un occhio più aperto dell’altro; quello sinistro socchiuso pareva rivolto al passato, quello destro sbarrato scrutava un futuro pieno di orrori e rovine. Era sospeso fra la luce e l’oscurità, tra l’ironia e la fede.