…Fu creato forse allo scopo
di rimanere vicino al tuo cuore
sia pure per un attimo?…
Ivan S. Turgenev
Con questa citazione si apre il racconto Le notti bianche di F. Dostoevskij.
Pubblicato nel 1848, Le notti bianche è la storia di un “sognatore” (così indica il sottotitolo: Racconto sentimentale. Dalle memorie di un sognatore ).
La storia presenta immediatamente il protagonista, che non ha nome, svelando fin dai primi righi la sua particolarità: è un uomo che non abita la realtà, che vive in completa solitudine, aiutato solo dalla sua immaginazione.
Ogni giorno percorre le strade di San Pietroburgo di cui conosce, fin nei dettagli, palazzi, ponti, colori, volti, ma che sogna di parlare solo con le case e il cui contatto più intimo con un altro essere umano è un cenno di saluto a un anziano signore che spesso vagava solo.
Proprio durante una delle sue solite passeggiate notturne, il protagonista incrocia sul ponte una donna che attira la sua attenzione. La sente piangere e tenta di avvicinarsi, ma lei si allontana. Casualità vuole che, dopo pochi passi, la donna viene avvicinata da un uomo che tenta di importunarla pesantemente, l’occasione giusta che permette al nostro sognatore di entrare in azione.
Dopo averle porto il braccio, i due si incamminano, passeggiando alla luce dei lampioni. Il cuore del protagonista è gonfio di paura, per la prima volta, dopo tanto tempo, ristabilisce un contatto vero con un essere umano.
Dopo averla riaccompagnata a casa, i due si danno appuntamento per la notte successiva.
Comincia, così, la prima delle quattro notti bianche che porteranno l’impiegato sognatore a ritrovare, grazie alle chiacchierate con Nasten’ka, un contatto con il mondo reale, a percepirsi come parte di ciò che lo circonda, a sentirsi attivo mentre si muove e agisce.
I due si raccontano. L’uomo, con un po’ di timore, rivela la sua natura di sognatore, che non gli ha mai permesso di uscire fuori dalla sua piccola tana, di abitare una realtà che lo ha sempre respinto in un mondo di ombre.
Nasten’ka ha una vita altrettanto infelice. Vive con la nonna cieca in una piccola casa e, in seguito ad alcune bravate, è costretta dall’anziana tutrice a vivere tutto il giorno attaccata con uno spillo alla sua veste.
Gli unici momenti felici sono stati quelli passati nel ricordo di un uomo, che era stato inquilino di sua nonna per qualche tempo e di cui si era innamorata. Ma lui era troppo povero e non aveva potuto sposarla, così era partito per Mosca e le aveva promesso che sarebbe tornato, ma non l’aveva ancora fatto.
Il sognatore, reprimendo il suo amore, le consiglia di scrivere una lettera.
La terza notte passa in attesa dell’ex inquilino che non arriva, nonostante la missiva, e la donna che si strugge dal dolore. Il sognatore vorrebbe proteggerla e inondarla del suo amore, ma decide di tacere per non appesantire la fragile ragazza.
E’ finalmente nella quarta notte che il sognatore, convinto ormai che l’uomo amato dalla ragazza non sarebbe più arrivato, si decide a dichiarare il suo folle amore.
Come in un valzer appassionato, seguono parole, progetti, promesse di felicità. I due si tengono per mano mentre attraversano un sogno che sembra preannunciare, per la prima volta, un realtà concreta.
L’arrivo dell’inquilino interrompe la visione e Nasten’ka non esita a lasciare la mano del sognatore per gettarsi al collo dell’uomo che da sempre possedeva il suo cuore.
Piccolo grande capolavoro di Dostoevskij, considerato il precursore dell’esistenzialismo in letteratura, Le notti bianche è un racconto sulla solitudine, sull’emarginazione. Il protagonista ha i tratti di un alieno, non riesce a trovare un posto nel mondo e vaga tra i suoi sogni in cerca di emozioni.
Esita, trema, si nasconde. Soffoca l’amore e vive da solo la gioia di un incontro reale.
E’commovente e dolcissimo il timore del protagonista; altrettanto crudele il finale che lo rigetta nel suo mondo popolato da fantasmi, che gli rifiuta la possibilità di un amore vero.
Il racconto si conclude con “Il mattino”. Il protagonista legge una lettera di Nasten’ka in cui gli chiede perdono. La legge e la rilegge in lacrime.
Dostoevskij ci regala un finale che va oltre le parole, che va oltre la storia, l’incontro e la perdita.
Il senso del racconto si rivela nell’impronta che lascia quel rapporto durato appena quattro notti nell’animo del protagonista : “Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! E’ forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”
Curiosità: nel 1957, Luchino Visconti ha diretto il film “Le notti bianche”, tratto proprio dal racconto di Dostoevski, con gli splendidi Marcello Mastroianni e Maria Schell.