In occasione della settimana dedicata alle donne, mi sono chiesta quale donna, tra le mie conoscenze letterarie, potesse rientrare come esempio di vita per esperienze vissute e successi raggiunti. Molte erano nel mio elenco a dir la verità ma, fra tutte ho scelto colei che ha sempre elevato le donne ad eroine in una società maschilista come quella sette-ottocentesca, con i suoi personaggi amorevoli, con i suoi modi gentili e con la forza insita in lei, che tanto e per tanti decenni è riuscita a trasmettere anche ad alti: Jane Austen.
Jane Austen, una donna, un mito. Scrittrice di spicco della penisola Britannica, rappresenta con la sua vita ed i suoi scritti, uno degli autori preromantici più apprezzati e di sicuro più conosciuti dell’800. La sua fama si estende fino ai nostri giorni, lasciando innamorare col tempo che passa, generazioni e generazioni di fanciulle, con personaggi dallo spessore di Mr. Darcy ed Elizabeth Bennet, protagonisti del pluripremiato Orgoglio e pregiudizio, lettori quelli di Jane che pendono dalle labbra di una donna con i suddetti attributi.
Sei sono i suoi romanzi più famosi. Sei le storie d’amore narrate. Sei i capolavori regalati, alla letteratura mondiale. Oggi parlerò di quello dei suoi romanzi che si ritiene essere il meno riuscito e probabilmente il meno attento ai gusti e alle tendenze a lei contemporanee, ma che porta in se atmosfere che perfettamente si adatterebbero a film di Rodrigo Cortés.
Il libro si evolve nei racconti di una ragazza che invitata a risiedere in una antica casa presso dei conoscenti, avendo lei letto troppi romanzi gotici vede dappertutto l’ombra sinistra della malvagità e del delitto ed indaga sui presunti colpevoli segreti celati dalla famiglia che la ospita. Per molti, questo romanzo della Austen, non ha alcun pregio a cominciare dall’ elevazione alla “carriera” d’eroina della protagonista invece semplice, spontanea ed ingenua, completamente differente da caracters del calibro di Pamela o da personaggi come Mr. Tirley lettore amorevole di romanzi che ben si contrappone alla figura di Darcy, ricoprendone un’ antitesi ma anche un parallelismo ben evidente. L’Abazia di Northanger si presenta quindi come la celebrazione parodica dell’ amore romantico e cortese, una sorta di satira al mondo ed ad i gusti contemporanei.
L’aspetto horror, seppur coperto da una danza di parole , è presente soprattutto sottoforma di dialogo tra i due eroi, i quali elencano le caratteristiche principali del genere durante il loro viaggio verso l’Abbazia di Northanger: tempeste, castelli tenebrosi, morti misteriose, presenze stravaganti, costellano l’odissea di questo viaggio. Chiaramente la Austen non era esperta del genere gotico e questo libro rappresenta in ogni caso un esperimento poco riuscito, tuttavia considerando il periodo di pubblicazione 1817 e le propensioni letterarie delle lettrici, possiamo comunque apprezzarne la sua semplicità.
Jane non manca comunque d’entrare nei panni dei suoi personaggi anche in quelli di un’ anti-eroina come Catherine Morland:
Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua prima infanzia avrebbe mai supposto che il suo destino sarebbe stato quello di essere un’eroina. Tutto era contro di lei: la posizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo aspetto fisico e perfino le sue inclinazioni.
La biografia finisce quindi inevitabilmente per entrare all’interno dei suoi romanzi ed è proprio questo che rende i suoi lavori così vivi, femministi e poco servili.
Una Jane quella dell’Abazia, ironica e cinica, che veste perfettamente la sua aria più tenebrosa, ma sempre con un sorriso cortese, per noi lettori.
A coloro che sono appassionati di pellicole, DVD e quant’altro, consiglio la visione del film diretto da Jon Jones, Northanger Abbey del 2007 con una bellissima Catherine Morland nei panni di Felicity Jones.