Attraverso la sua notevole efficienza, il grattacielo assolveva al compito di preservare la struttura sociale che li sorreggeva tutti. Per la prima volta, questo rimuoveva anche la necessità di reprimere tutti i comportamenti antisociali e li lasciava liberi di sperimentare ogni impulso deviante e capriccioso.
Il condominio di J. G. Ballard (Feltrinelli 2010) è un romanzo dissacrante. Si presenta come una specie di Il signore delle mosche versione adulta. La vicenda è interamente ambientata in un nuovissimo e ultramoderno grattacielo londinese di quaranta piani, in cui abitano circa duemila persone. Una piccola città verticale, insomma, dotata di servizi così completi da renderla quasi autosufficiente: vi si trovano due piscine, un supermarket, una palestra, un parco giochi per bambini, persino una scuola materna. Ci sono venti ascensori che permettono ai condomini di spostarsi il più agevolmente possibile. Tutto sembra pianificato per una vita perfetta.
Eppure fin da subito si presentano piccoli problemi che turbano l’apparente equilibrio del condominio. C’è chi litiga perché il vicino tiene la musica troppo alta, chi si lamenta per i cani che fanno la pipì sulle porte degli ascensori, chi è stufo perché la corrente salta in continuazione. Tutta una serie di problemi non troppo eccezionali, scaramucce che si verificano in qualsiasi condominio anche di minori dimensioni. Ma la scena che apre il romanzo, temporalmente situata mesi dopo l’inizio dei problemi, racconta di un uomo che arrostisce un cane sul balcone del suo appartamento, usando un fuoco acceso con delle guide telefoniche. Come si è arrivati a questo?
La situazione del condominio ha cominciato ben presto a degenerare. Le scaramucce si sono trasformate in vera e propria guerriglia, prima tra clan (costituitisi con l’aggregazione di abitanti di piani vicini) poi tra occupanti di singoli appartamenti. Lo scopo principale è arrecare più danni possibili alle persone, ma soprattutto al condominio. Tutti provano un piacere speciale, selvaggio nell’imbrattare muri, rompere vetri, bloccare ascensori, buttare l’immondizia dalla finestra su balconi altrui. Si ricostituisce una struttura sociale attraverso la divisione in piani, e intanto avviene in ognuno degli abitanti una regressione ad uno stato primitivo. Esemplare, a questo proposito, il caso di uno dei personaggi principali, Richard Wilder (i nomi non sono dati a caso, mi pare), la cui trasformazione è violenta, animale: arriva a dipingersi il petto, mostrare i genitali, violentare donne come se fosse una normale attività di routine. Il suo cambiamento è tale da fargli dimenticare come si articolano le parole: riesce, alla fine, ad esprimersi solo attraverso grugniti.
Il romanzo analizza sia la parte più nascosta e segreta dell’essere umano, sia l’effetto che la modernità può avere su di essa. I condomini, infatti, vivono in un ambiente talmente rarefatto e artificiale, dove tutto è vicino e pronto subito, che reagiscono trasformando le loro unità abitative in villaggi tribali. Riescono a pensare solo a come procacciarsi cibo (perché ben presto ogni legame con l’esterno viene tagliato), a come impedire ad altri abitanti di avvicinarsi al loro piano, a come proteggere meglio il proprio appartamento. Il sesso diventa un’attività meccanica, che gli uomini compiono solo per soddisfare un bisogno immediato e carnale; le donne sembrano subirlo, ma in realtà lo sfruttano per acquisire potere sull’uomo. Interessante, infatti, il ruolo che verranno ad assumere le donne nel finale del romanzo, che non voglio raccontarvi per non togliervi il piacere della lettura.
Il condominio è un piccolo libro, ma pieno, pienissimo di messaggi per il lettore contemporaneo. Difficile non ricollegarlo alla lunga tradizione di romanzi distopici, da Orwell a Huxley al già citato Golding. Così come è difficile toglierselo dalla testa, una volta finito di leggere. I quesiti che pone sono molti, e di spessore notevole. Vi invito allora alla lettura di un libro che, a mio parere, ha ancora molto da insegnare a quarant’anni dalla sua prima pubblicazione.