“(…) Io intingo il pennello dell’essenza
nell’istante perfetto
senza vuoto(…)”
Con questi versi Carla de Falco ci fa dono di una poesia inebriante e suggestiva, densa di ritratti e fotografie ricalcate dall’occhio di una poetessa che usa le emozioni per comunicare. La sua raccolta, Il soffio delle radici, edita nel 2012 da Laura Capone Editore, racchiude esperienze di vita di ogni tipo, da immagini di quotidianità nei bar di quartiere davanti ad un caffè, ad estratti di vita di una donna che sa assaporare istanti ricchi di domande e risposte con un’eleganza intensa, sintomo di amore, sofferenza, nostalgia e ricordi vestiti di maturità. La poetessa, nata a Napoli nel 1972, presenta in questa sua prima silloge poesie riconosciute valide e classificate per numerosi premi letterari.
La de Falco divide la sua raccolta in quattro sezioni, offrendo al lettore una suggestiva organizzazione tematica, da approcciare comunque in maniera libera; sono presentati infatti versi con uno stile implicito e che permette interpretazioni soggettive, concedendo al lettore di divertirsi con immagini e colori offerte dalle pagine tra le sue dita.
La prima sezione, il soffio delle radici, presenta poesie evocanti attimi quasi di dialogo con la natura, paesaggi di un sud noto ed affezionato alla penna della scrittrice, la quale è fedelmente attaccata alla sua terra per un istinto familiare e proprio di ogni creatura naturale e di chi, come lei, sente scorrere nelle sue vene un sangue caldo, misto alla polvere della sua terra napoletana. Nella prima sezione troviamo quindi una comunione tra la poetessa e il suo paesaggio che, come scrive Simone Camassa nella prefazione, “incide inevitabilmente sul modo di sentire il mondo”.
La seconda sezione, emozioni al confine, apre un sipario più intimo e affettivo tra le pagine della de Falco. Trattando anche argomenti strettamente privati, la poetessa si mette quasi a nudo di fronte al suo foglio di carta, non tanto per raccontare di sé, quanto piuttosto per descrivere il sé che sente, il sé che a volte non comprende e che si domanda, inquieto, interrogativi che l’inchiostro non risolve, il sé che promette, il sé che ama, un sé che può essere affine ad ogni lettore, riconosciutosi nell’amore, nel dolore, nel rancore o nella passione descritta dall’arte di questi versi.
La terza sezione, la fiamma del canto, annovera, quasi bisbigliando, le necessità e i motivi dello scrivere poetico. Presentandoci anche istanti di vita quotidiana, propri di uno scrittore “seduto a terra” e assuefatto dal suo canto e dal suono della sua tastiera, Carla de Falco ci rammenta la necessità di esprimersi, di raccontarsi, di dipingersi all’interno di una realtà a volte svilita, a volte depauperata, a volte logora da rumori continui del nostro quotidiano arrancare inermi:
“(…) ma sento con ali d’aquila
Eco a parole immense
Vibra al mio fondo un lascito
Vincolo a imprese eterne (…)”
L’ultima sezione, abissi per versi, apre la tenda più nascosta nel cuore dell’essere umano. La de Falco raggiunge “abissi” nascosti e neri scovando un Lucifero, un mostro, un ladro silenzioso all’interno di afflati umani che tentano solo di sognare, che si affaticano nella loro inconsapevolezza e che scoprono, nel non comprendere, una poesia schiava di occhi sensibili e di orecchie che sentono il buio.
Per concludere vi riporto alcuni versi di una poesia appartenente a quest’ultima sezione come un invito, per tutti, ad assaporare da lettori versi che ricordano, appunto, il sapore della poesia:
“(…) quasi tutto ciò che abbiamo non ha odore
Quasi tutto ciò che siamo invecchia presto
Ma non conosce la via per appassire.
Così imparammo a riciclare
Anche la precarietà dell’esistenza
E divenimmo cavalieri del vuoto, dell’assenza.
Nomadi urbani stretti all’emergenza
Che chiamiamo la nuova povertà”.