Capito? sto quaggiù??!! In fondo ar pozzo, dietro casaaaa!!! Questi nun ce sentono, so’ sordi….e daje n’artra rana che me caca in testa, sto pozzo è freddo e umido , so’ tre mesi che sto qua dentro e a nessuno je venuto il sospetto de da ‘na sbirciatina, se la so’ bevuta , e quello, il furbo, ha fatto pure er piantarello a chi l’ha visto.. ”
“Never, never, never, hear me when I cry at night, Babe, and I cry all the time”. Così cantava Janis Joplin, supplicando un uomo di prendere un altro pezzo del suo cuore, in un ultimo estenuato gesto, come se ormai il suo cuore fosse saturo, e tutto il suo essere si fosse esaurito nel tentativo di ricevere amore da chi, invece, fingeva di non sentire le sue lacrime nella notte.
Forse è dovuto alla mia ossessione per Janis, ma mentre leggevo le storie immaginate da Serena Dandini, nel suo fortunato libro “Ferite a Morte”, riuscivo proprio a vederla materializzarsi davanti ai miei occhi..Janis, con quei suoi capelli ribelli, trasportati dal vento al ritmo della musica, e la voce intensa che gridava alle stelle, “Take another little piece of my heart”. E il suo urlo, potrei giurarlo, si è confuso con le parole del libro che avevo in mano, fino a diventare una caotica ma sublime canzone rock…sembrava di trovarsi a Woodstock, e invece stavo ancora leggendo.
Se avessi iniziato a scrivere questa recensione solo un giorno prima, forse più che Woodstock avrei avuto la visione dei cannoni di Waterloo, ma fortunatamente ho aspettato un giorno. Perché le donne raccontate da Serena Dandini- in una sequenza alla “Spoon River”, ma con l’aggravante del femminicidio- sono morte per davvero, e le loro voci si sono perse in un silenzio agghiacciante. E nonostante, durante la mia lettura, capissi l’intento di voler dare voce a quel silenzio, continuavo a domandarmi quanti davvero avessero l’orecchio teso per sentire. Perché nessuno, nessuno, sembrava voler ascoltare. In Italia muore una donna ogni due giorni, siamo all’ottantesimo posto nella classifica dei diritti di genere, e 6.743.000 donne, tra i 16 e 70 anni, sotto vittime di violenza fisica e psicologica. Ma forse non tutto è perduto, se il Presidente della Camera può affermare, davanti a tutta l’Italia, “Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne uccise da violenza travestita da amore”. Ecco, ho aspettato un giorno in più per tirare le somme, e quello che ho visto fa ben sperare che alcune voci possano essere ascoltate. E il libro di Serena Dandini si inserisce esattamente in questo corso, osservando la violenza dal punto di vista delle donne, dando al loro stato di vittima il riscatto dagli stereotipi che le costringe nella definizione di “poverette”. Si raccontano, si spiegano, le donne di Dandini, e si stupiscono di quanto possa essere democratica la violenza. Sono donne uccise dagli uomini della loro vita. In un’Italia in cui il loro posto si divide tra velina e suora, senza mezze misure, senza una cultura che educhi entrambi i sessi a comprendere i loro diritti e i loro doveri.
Da questo libro, ironico e devastante allo stesso tempo, Serena Dandini ha tratto anche un tour teatrale interpretato da attrici, giornaliste, presentatrici, e sul sito è possibile trovare tutte le spiegazioni del progetto, il manifesto, il sostegno alla Convenzione No More!
Una volta, una zia molto acuta, investita da una luce di saggezza popolare, mi disse: “Sposati, così puoi andare a vivere da un’altra parte”. Ecco, anche questa è violenza, subdola perché si traveste da consiglio, ma comunque una pressione psicologica che crea l’illusione di una dipendenza. Finché non cambieremo l’idea che abbiamo di noi stesse, allora, non ci saranno teatri sufficienti per dare voce alle nostre storie.