ho letto il tuo ultimo romanzo, Il corpo umano, e le mie aspettative sono state soddisfatte: mi è piaciuto molto. In particolare, leggerlo mi ha dato l’occasione per riflettere su un tema che mi ha sempre molto turbato, quello della guerra.
La prima domanda che mi viene in mente, forse anche la più scontata, è se la guerra, nelle sue accezioni ed evoluzioni nel corso dei secoli, sia davvero necessaria, unico mezzo conosciuto per dirimere le controversie tra stati e persone. Mi colpisce la sfrenatezza dell’atto legittimato di uccidere un proprio simile perché ho un’altissima considerazione della vita. Per esempio, sono contro la pena di morte, non la applicherei in nessun caso. Ma non divaghiamo.
Reputo sacra ogni vita, e in base a questa mia convinzione, trovo superbo il diritto ufficialmente riconosciuto di uccidere un’altra persona perché il lavoro e il dovere, in quanto soldato, lo impongono. Non dico che chi fa la guerra prenda alla leggera la vita umana, ma proprio perché sente il peso delle uccisioni e delle stragi, perché lo fa? Come vive dentro di sé la sua azione di morte e sofferenza? Mi assilla un dubbio: cosa spinge, oggi, un giovane della mia età (ho ventun’anni) ad arruolarsi, a decidere di andare in guerra? Qual è il processo mentale che si sviluppa in modo così contorto da portare ad una decisione tanto fatale? E quanti se ne pentono? Quanti invece (i quali mi sorprendono ancora di più) sono soddisfatti e rifarebbero la stessa scelta?
Io, parlando da lontano, da studentessa che conosce la guerra solo attraverso libri, film e televisione, fatico a trovarne il senso, sia che si parli di una battaglia per la conquista di un territorio nel Medioevo, sia che invece si tratti di una cosiddetta “missione di pace” dei giorni nostri. Il mio professore di storia al liceo ha insistito tanto sull’importanza della costituzione (su cui ci ha illuminati anche Benigni nei giorni passati) che non riesco a togliermi dalla mente l’articolo 11, contro il quale, secondo me, stiamo andando senza averne coscienza. Noi, l’Occidente, ci vantiamo di vivere in un mondo civilizzato, ma la guerra non è civile. È quanto di più barbaro, rozzo e volgare l’uomo sia stato in grado di inventare. È barbara perché crudele, rozza perché mal si addice alle potenzialità della ragione, volgare perché va contro tutto ciò che di più bello l’essere umano ha in sé.
Ti chiedo, allora, che cosa pensi tu della guerra. Può sembrare una domanda troppo ampia, magari pretenziosa; ma è ciò che voglio chiederti, ciò che voglio sapere e ciò che potrebbe aiutarmi a fare luce sulle tante incertezze che questo argomento così delicato suscita in me.
Con rispetto,
Francesca Raviola