Sfumature, cinquanta, prima di grigio, poi di nero, da poco in libreria quelle rosse. Un caso editoriale, è appena il caso di accennarlo, che ha impazzato sulle bocche di tutti, onestamente non so spiegarmi il perché.
Una giovane donna dalla virtù intonsa incontra un uomo dai gusti sessuali “particolari”, vuole farne la sua “sottomessa”, non riuscendoci si innamora di lei che, spaventata dalle di lui punizioni, finisce per lasciarlo. Il secondo capitolo di questa triste saga prende l’avvio a soli 5 giorni dall’abbandono, in cui una stupita Ana, infelice nome della protagonista, diminutivo di Anastasia, vede Mr Grey tornare nella sua vita, pronto a rinunciare a scudisciate e punizioni per farla sua. Di spessore nessuna traccia: lui giovane strano, maltrattato da bambino, lei ingenuotta ardente di desiderio, in poche settimane la passione si trasforma in amore assoluto, che porta lei a voler visitare con lui il suo lato oscuro. Tutto appena abbozzato. Lei stroncata dalla disperazione se ne scorda in meno d’una settimana, si accorge improvvisamente del sadismo di lui e, facendomi trasalire alla lettura, ne rimane sorpresa, cosa credeva facesse con la frusta resterà per noi un mistero, continua poi per tutto il libro a dire di voler osare e gli consente di sculacciarla e di usare alcuni sex-toys, piccola suorina coraggiosa.
Pagine e pagine di descrizioni d’amplessi, di due che non si dicono nulla, che non accendono il minimo prurito in chi le legge, inframezzate da maniaci d’ogni sorta, suicide, ossessivi ed aggressivi datori di lavoro. Il termine sexy ripetuto all’infinito, quasi non esistesse al mondo un possibile sinonimo, la fanciulla dolce che riesce col suo amore a riscattare l’anima del bello e dannato.
Disgusto, forte, dilaniante, ingestibile disgusto e, se qualcosa poteva del primo libro essere salvato, in questo secondo davvero non v’è traccia di possibilità di redenzione. Parlare della trama è impossibile per me, ritrovatami con un libro tra le mani che non è assolutamente un romanzo erotico, tuttalpiù un romanzetto rosa per persone profondamente annoiate. Nemmeno con lo stile è capace la scrittrice(?) di farsi perdonare. Questi due esseri umani nati dalla sua penna non fanno altro che parlare dentro, e meno spesso fuori, dal letto, eppure non dicono niente, continuano a chiamarsi per nome, come timorosi che l’altro sia affetto da qualche trauma cerebrale con conseguente amnesia. Dialoghi vuoti, mal costruiti, insulsi. I comprimari, molti inutili, entrano ed escono dalla scena come svanissero nel nulla, poiché E.L. James, l’autrice, non si ricorda quasi mai di farli accomiatare, non descrive quasi mai posti e situazioni, persone se non per rapidi accenni a colore d’occhi e capelli, insiste pedissequamente sulla bellezza di lui. Anni di lotta ed ecco splendere questo scintillante messaggio, una stupida ragazzina lo vuole perché è bello e cattivo, senza dimenticare che sa far tutto, dal pilotare gli elicotteri al guidare gli yatch.
Questa ninfetta ninfomane mi ha davvero risvegliato oscure fantasie, per la maggior parte della faticosa lettura avrei voluto schiaffeggiarla, non col palmo, col dorso della mano e, confesso, ne avrei tratto immenso piacere. Lui la controlla, la segue, la fa spiare, le compra i vestiti, le chiede di fare attività per tenersi in forma, le dà denaro non richiesto, la tratta come un’idiota, non ha tutti i torti in fondo. Lui sarebbe dunque colui che dovrebbe occupare le mie fantasie? Incubi, nient’altro che incubi, come quando le dice di non lavorare, di non uscire da sola. Questo non è il topos del bello e dannato, forse al massimo è l’uomo da “quotidiano”, che uccide la moglie quando lo lascia.
Non comprerò il terzo, forse da qualche accenno si poteva comprendere, ma vorrei tanto qualcuno mi spiegasse cosa non ho letto, cosa non ho intuito, cosa avrei dovuto desiderare, quali spire di piacere non m’hanno avviluppata. L’unica cosa che m’è rimasta addosso è un sommo dispiacere, quello per l’albero sacrificato per questo scempio.