Tytania
(distant)
Come, now a roundel, and a fairy song;
Then for the third part of a minute, hence,
Some to kill cankers in the musk-rose buds,
Some war with reremice, for their leathern wings,
To make my small elves coats, and some keep back
The clamorous owl that nightly hoots and wonders,
At our quaint spirits: sing me now asleep,
Then to your offices, and let me rest. FAIRIES sing
First Fairy
You spotted snakes with double tongue,
Thorny hedgehogs, be not seen,
Newts and blind-worms do no wrong,
Come not near our Fairy Queen.
Chorus
Philomel with melody
Sing in our sweet lullaby,
Lulla, lulla, lullaby, lulla, lulla, lullaby.
Never harm
Nor spel not charm
Come our lovely lady night.
So good night, with lullaby.
First Fairy
Weaving spiders, come not here;
Hence, you longlegged spinners, hence!
Beetles black, approach not near,
Worm nor snail, do no offence.
A midsummer night’s dream – W. Shakespeare
(Titania la regina delle fate col suo dolce seguito si prepara a riposare nel bosco, le preparano il “giaciglio” magico nel bosco cantandole la ninna nanna)
Che sia nato nella prima metà del ‘500 (1564 per la precisione) in un paese di nome Stratford-upon-Avon e che sia considerato senza dubbio il poeta più rappresentativo di lingua inglese se non di tutta la storia dell’umanità, almeno “moderna” (per la verità tesi perorata perlopiù da anglosassoni, i “latini” preferiscono il nostro amato Dante) è risaputo, così come il fatto che abbia scritto le pagine più famose e creato personaggi celebri davvero in tutto il mondo e per qualsiasi genere di livello culturale invogliando pubblicitari scrittori da pochi soldi e cineasti (spesso anche questi da quattro soldi), comici e attori; dunque uno di quegli artisti (altro esempio nelle arti figurative è Leonardo da Vinci) totalmente calati nell’immaginario collettivo di ogni genere, ma quanto conosciamo della sua opera? Ho proposto questo passo del “Sogno di una notte di mezza estate” poiché l’ho finito di leggere davvero da poco tempo, l’ho proposto in lingua originale poiché la traduzione è facilmente reperibile e poiché anche per persone, come me, che masticano un inglese balbettato leggere questi versi nella vera lingua dell’autore ha tutt’altro impatto. La traduzione pallidamente ne rende la bellezza (a tal proposito provate ad immaginare la resa di una delle terzine incatenate tradotte in inglese) e dobbiamo usarla solo, se ne abbiamo bisogno, considerando anche ch’è un inglese arcaico, per comprendere la trama ed il senso, per il resto la dolcezza di questi versi è tutto.
Dunque un po’ di numeri di William: utilizzò calcolando tutte le sue produzioni oltre ventunomila vocaboli, circa milleottocento di questo furono neologismi ovviamente di sua invenzione, moltissimi di questi tutt’ora in uso nella lingua ordinaria (Racine, senza dubbio immenso nell’arte antitetica a quella del “Bardo dell’Avon, nella sua produzione utilizzò circa duemila parole, quasi la stessa quantità dei soli neologismi shakespeariani); in più l’immenso genio che lo contraddistingue è quello dell’incredibile “umanità” delle sue creature, l’esplicazione e l’apertura psicologica, anche se sono inserite in contesti fiabeschi e mentali, o paradossali. Un esempio impressionante è il Bernardino di “Misura per misura”, il Bardo lo fa parlare cinque volte pronunciando in tutto sette frasi, eppure il suo personaggio è lucido, aperto, totalmente conosciuto e riconoscibile, come se avesse accompagnato per pagine e pagine il fruitore…
immenso nella poesia, nella tragedia e nella commedia…sarebbe stato senza dubbio lo scrittore più amato anche dal Socrate del “Simposio”…