Un diario e una lettera. Due voci che raccontano ognuna la propria vita, l’una inconsapevole e arrabbiata, l’altra conciliante e con un sapore di vita consumata. Con uno stile a tratti quasi lirico, Giulia Carcasi ci consegna un romanzo bipartito, la cui struttura a specchio è deformata dalla distanza temporale tra le due voci narranti. Mia, liceale, racconta nel suo diario le sue esperienze da adolescente, con sguardo disilluso e disfattista verso il mondo, mentre sua madre, Giulia, le rivela segreti lontani, mostrandole i bivi in cui è inciampata intanto che costruiva il suo destino.
Mia non ha fiducia, non crede nell’amore, non crede nel futuro, sembra non concepire l’idea di una vita felice. Pare precipitata da un burrone, abbandonata per un tempo incalcolabile in un antro buio e gelido e poi riportata in superficie, salva ma senza voglia di agire nel mondo. Restia a confidarsi, è sempre sul punto di implodere, ma non molla: “Il legno sembra fermo, ma è sottoposto a pressioni interne che lentamente lo spaccano. La ceramica si rompe, fa subito mostra dei suoi cocci rotti. Il legno no, finché può si nasconde, si lascia torturare ma non confessa. Io sono di legno”. Mia dà il titolo al romanzo, alla vicenda un filo conduttore, che scorre di soppiatto sotto gli eventi, sotto i ricordi e le confessioni e viene fuori, alla fine, come un sentimento esausto.
Giulia dissemina frammenti della sua vita tra le pagine del libro: ci lascia lentamente cadere tra le mani i pezzi per ricomporre il puzzle, per vedere ricostruita l’immagine del suo percorso. Eppure tutto resta sospeso e insoddisfatto, viene quasi voglia di sfogliare e sfogliare e sfogliare di nuovo questo romanzo così da trovare la soluzione. Quella che potrebbe essere ricondotta ad una questione di interpretazione è, secondo me, una mancanza strutturale di dettagli ed eventi. Il romanzo cattura l’attenzione, ma la lascia disattesa; coinvolge emotivamente, ma delude; hai voglia di leggerlo, ma puoi farne a meno.
Con una scrittura spesso poetica, non sempre giustificata, la Carcasi propone un confronto tra generazioni e una storia di destino. Tuttavia, il romanzo dà una fastidiosa sensazione di incompletezza che, nel suo complesso, rovina anche quei picchi emotivi e stilistici che possono interessare il lettore. Una prova di scrittura che non si fa, né cerca, spazio tra le mie proposte di riflessione. Da leggere per intrattenimento, intendendo esso nella sua accezione più neutra.