Quella che mi consolò, che rimpianse e fu con me viva e viva esaltata, mi occupa come un personaggio che nessuno possa ignorare, di fama illustre, di esempio pregnante; un personaggio dalla biografia ovvia, anno per anno, che val la pena di risuscitare ora per ora, proprio nei giorni in cui la sua storia tace. Non una pagina risale dalle macerie, ma la memoria di una specie di testo, di manuale illustrato…Artemisia ridotta da una effimera scandalosa celebrità a una solitudine insidiata…
La Banti, sulla base di documenti d’archivio e di quadri, ricostruisce la storia della pittrice Artemisia Gentileschi, una donna forte ed indipendente che è andata al di là dei limiti che la sua condizione femminile e il suo tempo le imponevano. Il romanzo Artemisia viene pubblicato dalla scrittrice nel 1947 a Firenze.
Il lettore resta affascinato da questo romanzo; una donna che racconta un’altra donna con la quale condivide non solo la femminilità del suo essere , ma anche l’arte, espressa in forme diverse certo, tra immagini e parole ma che inevitabilmente mette in contatto due anime, “una vicinanza spirituale”, costruita su un dialogo a distanza di secoli tra l’autrice e Artemisia.
…Noi giochiamo a rincorrerci, Artemisia ed io. E a fermarci, non senza trabocchetti, dai più materiali e scoperti, ai più nascosti…
In una scrittura raffinata e colta da un lato, malinconica e romantica dall’altro, Anna Banti apre il portale del tempo: il Seicento e il dopoguerra si intrecciano, si sovrappongono, si distanziano…racconta la storia come se stesse sfogliando delle pagine di un vecchio libro o riguardando delle istantanee di un tempo antico…
Il motore del romanzo è il ricordo di un manoscritto sulla pittrice, perduto durante la guerra; Anna Banti ha una missione: dare di nuovo luce a quella donna che con la forza ha raggiunto l’ indipendenza, con la paura ha sconfitto le barriere, con l’arte si è resa eterna…
Artemisia ha avuto coraggio nell’affrontare un processo umiliante in seguito ad uno stupro subito da ragazzina; ha sposato un uomo e cresciuto una bambina Porziella; poi si è accorta di non amarli abbastanza e li ha abbandonati.
Come può una donna lasciarsi una vita alle spalle, un marito e una figlia ed andare altrove, girovagare per l’Italia e l’Europa assecondando solo la sua vocazione per l’arte?
Artemisia l’ha fatto …ha anticipato i tempi, diventando il manifesto dell’emancipazione femminile, mettendo tutto, compreso se stessa al servizio dell’arte in maniera estrema ed assoluta.
Anna Banti le ha restituito il favore, ricordando la pittrice, le sue gesta, le sue scelte e ritrovando parte di sè stessa nella vita di chi armata di pennello ha scritto un pezzo di storia.
La perdita della Gentileschi viene quindi sanata da questo romanzo che ha una duplice funzione: da un lato riportare alla memoria chi è caduta nelle tenebre, oscurata dai grandi pittori; dall’altra ricostruire e reinventare una donna e la sua missione.
Il romanzo non avrebbe avuto vita se il manoscritto su Artemisia non fosse scivolata nel dimenticatoio e quindi bisognoso di un recupero; allo stesso tempo Artemisia stessa viene riscoperta, rivalutata come nuova donna, come nuova pittrice.
Scrittura e pittura si sposano come le personalità delle due donne in un incontro che delicato e forte allo stesso tempo mostra ciò che è noto da sempre: quanto è più profondo ciò che viene raccontato se il narratore in questione (narratrice nel caso della Banti) sente sulla sua pelle quelle stesse emozioni, condividendone gioie e dolori….il dimenticato rivive in quest’abbraccio tutto al femminile.