Per me è il più grande scrittore italiano del Novecento. È il solo vero romanziere, il solo vero narratore. Sa usare una lingua molto limpida e molto precisa. Quando affronta storie complicate dal punto di vista ideologico come Il conformista e La ciociara usa la stessa lingua impiegata in altre storie semplici e lineari come Agostino, Inverno di malato e La disubbiendenza.
Così René de Ceccatty parlava di uno dei più grandi romanzieri del XX secolo: Alberto Moravia. Nella sua lunga carriera, lo scrittore romano ha affrontato i temi dell’alienazione sociale, dell’esistenzialismo, dell’ipocrisia della vita contemporanea nonché dell’incapacità degli uomini di raggiungere la felicità nei modi tradizionali. Sua caratteristica l’uso di un linguaggio semplice e severo e di una sintassi elegante ed elaborata.
Nel 1929 salì alla ribalta con il suo primo romanzo, Gli Indifferenti , dando il via ad una carriera brillante, costellata di numerosi premi e riconoscimenti.
Nel 1962, anno in cui lo scrittore si separò da Elsa Morante e andò a vivere con la giovane scrittrice Dacia Maraini, pubblicò una raccolta di racconti intitolata L’automa.
Nelle brevi narrazioni, l’autore si fa interprete delle difficoltà psicologiche e morali in cui si dibatte l’uomo moderno. I personaggi agiscono come macchine, come automi, appunto.
Nel racconto In famiglia, il matrimonio è il prezzo che Leonora deve pagare per ristabilire la condizione economica familiare e per Moroni il modo di gratificare il proprio narcisismo, sottomettendo con il potere una donna bella. L’unione coniugale, dunque, si fonda su un’ampia gamma di motivazioni: può essere concepita come ricerca del patrimonio, o vissuta come rito di passaggio all’età adulta; costruita per egocentrismo o addirittura per ripicca o per soddisfare la naturale esigenza di riproduzione. Per questa varietà di ragioni, il matrimonio o comunque il rapporto di coppia, appare una tappa obbligata nella vita degli individui. Nel racconto di Moravia, l’amore non sembra rientrare nel concreto delle relazioni umane.
Altra storia interessante, ancora nell’Automa, è Bell’amore. Per la coppia di coniugi protagonisti, il segno della persistenza del loro sentimento è lo scontro, perché la costante lotta, persino il picchiarsi, rientrano in una buona dinamica di relazione. Questa è l’idea di Silvio, anche se la moglie apparentemente gliela contesta, dicendo che hanno perduto i loro anni migliori nei litigi, perdendo la fortuna di una felicità possibile. Tuttavia, secondo Silvio, la tranquillità può appartenere al “volersi bene” di due anziani che abitano la loro villa di un tempo; l’amore, invece, è una cosa feroce, “e tu”, aggiunge Silvio, parlando alla moglie, “sei la prima a volerlo feroce”.
In questi racconti, dunque, l’amore sembra condizionato dal vuoto, dal tentativo costante e spesso infruttuoso di raggiungere una pienezza che non c’è. Tuttavia, resta l’unico sentimento in grado di confinare con la felicità. Quest’ultima, però, non è alla portata dei personaggi di Moravia, incapaci di vivere momenti sereni nel rapporto con sé e con gli altri, dotati di aridità morale e incapaci di mettere a frutto le possibilità offerte dalla vita. L’autore, quindi, ci restituisce il ritratto del tipico uomo del Novecento che non sembra essere cambiato – forse solo peggiorato – tutt’oggi.