Spinoza
Le transulucide mani dell’ebreo
sfaccettano nella penombra i cristalli
e la sera che muore è paura e freddo.
(Le sere alle sere sono uguali).
Le mani e lo spazio di giacinto
che impallidisce sul confine del Ghetto
quasi non esistono per l’uomo quieto
che sta sognando un chiaro labirinto.
Non lo turba la fama, quel riflesso
di sogni nel sogno di un altro specchio,
nè il timoroso amore delle fanciulle.
Libero della metafora e dal mito
sfaccetta un arduo cristallo: l’infinita
mappa di Colui che è tutte le Sue stelle.
Jorge Luis Borges
La sua capacità impenetrabile di raccontare, descrivere; l’ “Aleph” è il punto più alto delle sue creazioni narrative, delle sue invenzioni vere e proprie ma nelle poesie la vena del “raccontare” è sempre viva, lucente, mettendo a disposizione una cultura enorme, letture infinite, ricostruendo ricordi, idee, personaggi. “Spinoza” è bella, è elegante, scandisce la vita del filosofo in poche righe di equilibrato sonetto; l’estremo creatore di dottrine originali e libere fù scacciato dalla comunità ebraica di Amsterdam dove si guadagnava da vivere come intagliatore di lenti, rifiutò nel corso della sua vita cattedre universitarie e riconoscimenti, pensò a pensare liberamente ed ad intagliare vetri ottici.
Nel testo l’olandese è in palese solitudine, carico di vetrini ed attrezzi ferrosi, seduto, ricurvo, lavora e ragiona, meccanica e razionalità, Dio ed eresie, radici e legni. Pare vivere stando alla soglia di qualcosa, ed intanto crea, crea e permette di vedere a clienti silenziosi, clienti di bottega e biblioteche.
“… l’infinita / mappa di Colui che è tutte le Sue stelle.” è la fine del sonetto ed il sunto, meravigliosamente, poeticamente sintetizzato della forza e libertà del suo pensiero: l’universo e Dio sono la medesima cosa, Deus sive Natura (Dio, ovvero la Natura).
Il “teologo ateo”, così si definiva Borges, totalmente affascinato dalla figura di Spinoza, una figura di credente stramba, introvabile, capace di suscitare forti emozioni religiose su di un poeta che disse queste parole in merito alla religione: ““Gli uomini hanno perduto un volto, un volto irrecuperabile e tutti vorrebbero essere quel pellegrino che a Roma vede il sudario della Veronica e mormora: – Gesù Cristo, Dio mio, Dio vero, così era dunque la tua faccia?- . Abbiamo perduto quei lineamenti, possiamo scorgerli e non riconoscerli”.
Borges scorgeva più di qualsiasi altro poeta del suo tempo sfaccettature e idee nascoste e sconosciute, nonostante la sua vista fosse pressocchè nulla i suoi sensi vibravano costantemente tra le sue carte, i suoi libri, le sue stampe, cercando sempre di contrastare un sapore di irrealtà che quasi mai lo abbandonava decise di creare costantemente decine di possibilità ed edifici mentali, spesso totalmente inaccessibili. Sponoza nè fornì ancora uno, ed utile, per stringersi a qualcosa di inutilmente ricordato…