la vita è un largo esperimento per alcuni, troppo
vuota la terra il buco nelle sue ginocchia
trafiggere lance e persuasi aneddoti, ti semino
mondo che cingi le braccia per l’alloro. Sebbene
troppo largo il mistero dei tuoi occhi lugubri
sebbene troppo falso il chiedere in ginocchio
vorrei con un’ansia più viva ridirti ; semina
le piante nella mia anima (tranello), che
non posso più muovere le ginocchia pieghe. Troppo
nel sole la vita che si spegne, troppo nell’ombra
il gomitolo che portava alla capanna, un mare
gonfio delle tue palpebre.
Amelia Rosselli (tratta dalla raccolta “Serie Ospedaliera)
Raramente si conosce la biografia di un artista senza ritrovarne i tratti distintivi nei suoi lavori ed Amelia Rosselli non esula da questa “legge”.Nata in Francia nel 1930, figlia di Carlo Rosseli fuggito dal belpaese in quanto antifascista attivista, nel 1937 l’uccisione proprio del padre (e dello zio), ad opera dei servizi segreti italiani, imprime nel carattere della futura scrittrice un senso di tragedia della vita, un debole senso di riconoscersi a qualsivoglia cultura e società, Amelia sviluppa un solco profondo di non apparenenza costretta a migrare con la madre da un paese all’altro dell’Europa nella giovinezza, toccando persino gli Stati Uniti.Il ritorno in Italia è il punto di partenza delle sue esperienze letterarie e culturali, deve reincominciare gli studi poichè i titoli che si porta dai territori esteri non gli vengono riconosciuti, siamo nel ’48 ed oramai orfana anche di madre si dedica a studi letterari e filosofici. Viene gettata nella mischia della poesia ufficiale da un certo Pier Paolo Pasolini il quale nel 1963 pubblicò ventiquattro sue poesie su una rivista letteraria da lui diretta, il grande friulano definisce la scrittura di Amelia una “poetica di lapsus”, carica di errori e di illogici avvicendamenti di versi e pensieri; un tratto distintivo e fcilmente riscontrabile in quasi tutte le sue produzioni.
La lingua della Rosselli è una lingua “nuova”, carica dei neologismi figli della sua multicultura, delle sue conoscenze dei dialetti Europei, è una lingua cieca, labirintica, complessa. Con la Rosselli si parla di avanguardia, di sperimentazione, i suoi “errori” continui, i suoi pazzi avvicinameti sintattici…una scrittura tutta sua, per nulla tesa verso l’esterno, per nulla capace di abbracciare qualcosa di definito; eccellente specchio della sua personalità.
– … nella vita si sperimenta, come nel linguaggio poetico, ma il senso di inappagamento dei nostri sforzi è enorme, di inutilità, di passività; sia dolori e sudori che quel che ascoltiamo, si scappa infondo da quel meccanismo che costruisce gloria. Qualsiasi cosa possa riempirci, che noi chiediamo disperati, fermandoci sappiamo essere troppo grande, risulta comunque una trappola, comunque tardiva poichè non ho forze da prima. Già che siamo illuminati spesso, che teneramente possiamo proteggerci e fuggire, ma il tutto è enorme e stracarico di pensieri, il tutto rigonfio come le tue palpebre (che possono darmi così risposte)… –
L’ 11 febbraio 1996 a Roma muore suicida.