Per terra, accanto ai piedi di Ben e della mamma, camminava una lunga fila di formiche. Forse mille. Si somigliavano moltissimo, mille formiche identiche. Ma quando Ben le guardò da vicino vide che una camminava veloce e un’altra piano. Una si sforzava di trascinare una foglia grande e un’altra trasportava soltanto un chicco di grano. E ce n’era una, piccolina, che correva avanti e indietro a lato della fila. Ben pensò che forse quella formichina aveva perso i genitori e li stava cercando.
«Questa formica lo sa che non c’è nessun altra al mondo come lei?» domandò.
«Questo non lo posso sapere», rispose la mamma.
Ben ci pensò un po’ su, poi disse: «Non lo puoi sapere perché tu non sei lei?».
«Sì», confermò la mamma, «perché io non sono lei».
Ci sono libri che vanno presi dallo scaffale, accarezzati, studiati, sentiti. Ci sono libri che devono essere compresi ancora prima di leggerli. Ci sono libri che vanno urlati, altri che vanno sussurrati, altri ancora vanno letti e assaporati tra sé e sé…
A volte quel sé ha bisogno di un altro.
David Grossman con un racconto breve ma intenso riesce a penetrare nel nostro sé facendoci porre delle domande, o forse la domanda più semplice di tutte. Attraverso il dialogo tra una madre e un figlio sorridiamo, ci emozioniamo e accettiamo ciò che già sappiamo, che spesso le parole non servono, che quando ci si pone dinanzi agli enigmi della vita, bisogna solo accettare l’altro, il diverso da sé. Che se preso per mano, unisce. Che se unito, riempie.
La formichina rientrò finalmente nella fila e riprese a camminare con le altre. Ben pensò che forse le due formiche grandi che le camminavano accanto erano i suoi genitori. «Allora di ogni persona ce n’è solo una al mondo?» domandò Ben.
«Sì, ce n’è solo una», disse la mamma.
«E perciò sono tutti soli?».
«Sono un po’ soli ma sono anche un po’ insieme. Sono sia l’uno sia l’altro»
Ritorna l’affetto, quello che ti prende e ti toglie il respiro, quello per cui diventi dipendente. Quello per cui non riesci a smettere. A smettere di cercare un piccolo gesto. Un simbolo di serenità e leggerezza. Un abbraccio che ti lega e ti libera allo stesso tempo.
«Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.
Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.
«Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo».
«Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l’abbraccio».
Due che formano uno.