Immaginate del latte in una bottiglia, una di quelle di plastica a cui spesso accade che il tappo si spani, il liquido allora, senza rumore, comincerà a scorrere senza che ve ne accorgiate all’interno del vostro frigorifero. Arriverà il momento che, aprendo l’elettrodomestico lo scoprirete sporco e comincerete a pulire, il latte rancido puzza di morte, per questo lo farete con cura, potrebbe capitare però che, sempre senza che ve ne accorgiate, quello si sia infiltrato nelle giunture, nelle guarnizioni, nelle intercapedini. Il fetore sarà terribile, impossibile non sentire, non provare nausea e, mentre i conati per la puzza vi faranno avvizzire lo stomaco, non riuscirete a capire da dove provenga quel fetore, quel tanfo di morte. Dovreste smontare, buttare le guarnizioni, ricercare origine e causa, potreste dover buttare tutto, salvare il motore forse, ma gettare senza indugio quasi tutte le parti.
È così in un certo senso che si può guardare alla nuova criminalità, al nuovo modo di fare soldi delle organizzazioni mafiose. Si presentano come fenomeni neutri, apparentemente legali e poi si espandono, invadono, si infiltrano ovunque e sradicarle significherebbe gettare all’aria il sistema tutto: fare la rivoluzione. Criminalità e finanza, non più colletti bianchi collusi ma criminali stessi dal colletto bianco inamidato. Dove non esistono sfumature la realtà si complica e chi specula, chi traffica con titoli e borse, con azioni e obbligazioni e altri più complicati prodotti e strumenti finanziari, difficilmente viene identificato come “il” criminale. Walter Siti, tra i 12 finalisti al Premio Strega di quest’anno, con “Resistere non serve a niente” ne racconta uno e allo stesso tempo li racconta tutti, spiega la faccia più nascosta di questo sistema malato e racconta un paradosso: quella faccia nascosta lo è proprio perché è quella più in luce, più visibile. Tommaso Aricò, protagonista della sua fatica letteraria, è un uomo giovane senza esserlo abbastanza, con un passato da obeso e vistose cicatrici sul corpo, una passione per la matematica e una laurea in Economia finanziata da un’organizzazione criminale. Tommaso è anche la versione aggiornata, 2.0 si direbbe oggi, del padre, Sante, in galera per un omicidio di cui è egli stesso una quasi vittima. I soldi, nella loro apparente precarietà, i favori, il modo occulto in cui sono le organizzazioni stesse a pilotare avvenimenti e mercati, una vita fatta di scelte non scelte, e l’impossibilità di non leggere tra le pieghe della narrazione la quasi indifferenza al fatto che i movimenti, le operazioni, i prodotti e gli strumenti, il denaro virtuale, rappresentano una sola faccia, l’altra è infatti la miseria degli investitori, dei risparmiatori. Siamo troppo abituati a immaginare la lupara quale simbolo estrinseco dello status di delinquente, troppo abituati a liquidare col termine imbroglioni quelli che nel mondo della finanza rubano la borsa con i soldi e non si prendono neanche il disturbo di scappare, per vedere la realtà. Il latte ha fermentato, è marcito nelle pieghe e nelle giunture, inutile cercare il marcio, bisognerebbe buttare tutto.
Walter Siti tratteggia un personaggio singolare, senza ombra alcuna di moralismo, che gli affida la sua storia. Vero e verosimile si incastrano alla perfezione pur non rinunciando, Siti, ad alcuni colpi eccezionali. Tommaso per buona parte del libro è solo un uomo verso cui persino a tratti si prova simpatia, gli si dona addirittura comprensione salvo, in un punto preciso del libro, odiarlo con tutte le forze, sperare che nel finale del libro l’autore ci riveli che è morto, che è in galera, o che almeno sia fallito. Qualunque espiazione purché ci sia. Invece no. Siti, con un disincanto che talvolta lo fa apparire cinico, vuol solo raccontare, è egli stesso a segnalare che tra giustizia e verità ha scelto la seconda. Egli stesso segnala la sua attrazione per il lato oscuro, la sua necessità di contaminarsi per poter raccontare. E noi? E io? Come faremo senza morale, senza Happy ending, che in questo caso sarebbe la fine nefasta di Tommaso o dell’uomo di cui si dichiara discepolo. Noi non leggeremo né riscatto o redenzione, noi non avremo nulla, perché nessuno vuol fare la rivoluzione.
La maestra tracciava la linea dei buoni e dei cattivi ecco: fate conto che il gesso è finito e ci è rimasta solo la lavagna.