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Il cuore rivelatore: racconto di un omicidio di Edgar Allan Poe

Sul serio io sono nervoso…molto nervoso! E lo sono sempre stato…ma perchè pretendete che io sia pazzo? la malattia è vero ha reso più penetranti i miei sensi ma non li ha logorati, non li ha distrutti

Il protagonista del racconto breve Il cuore rivelatore di Edgar Allan Poe pubblicato per la prima volta nel 1843, è un uomo , un omicida, un folle…La sua è una breve confessione, misurata e controllata prima, trascinata dalla sua pazzia incalzante poi… l’uomo è così coinvolto dal suo tentativo di apparire sano  da non accorgersi di essere  lui stesso, il testimone assoluto del misfatto consumatosi poco prima.

Racconta di non avere mai avuto motivi per commettere l’assassinio, di non aver odiato l’uomo,un vecchio avvocato, nè desiderato le sue ricchezze ma addirittura di nutrire verso di lui sentimenti, di “amare quel buon vecchio” , di stimare tutto di lui…tutto eccetto un occhio…

Immagino che fosse il suo occhio…si era quello senz’altro…Uno dei suoi occhi era simile a quello di  un avvoltoio; un occhio di un pallido azzurro come velato da una membrana: quand’esso cadeva su di me a guardarmi il sangue mi si agghiacciava nelle vene…

Ora a far da sostegno alla tesi del personaggio c’è il racconto perfetto di come sono andati i fatti:delicato, cauto, lento, minuzioso, silenzioso come quando di notte, a mezzanotte in punto, si intrufolava nella casa della sua vittima con una lanterna cieca al punto da non far filtrare nemmeno un raggio di luce.

Pone di fronte ad interlocutori muti la domanda che a lui preme di più “Posso io essere considerato un pazzo?”

Certo,  lui è conscio di aver archittettato un piano criminoso perfetto, di essere stato in grado di misurare gesti e respiri, di calcolare tempi e ombre e di aver portato il tutto a termine con precisione e senza sbavature e questo  fa di lui un esecutore perfetto e non certamente un uomo sano.

A questo però il protagonista non pensa, ne tanto meno al movente che l’ha spinto a macchiarsi di un delitto: un occhio, solo ed esclusivamente un occhio.

Ovviamente è pazzo…ma con una sensibilità mostruosa, caratteristica da non escludere nei folli ma anzi forse è proprio da quella che parte tutto, dall’eccezionale peso del proprio animo sensibile…che finsice per schiacciare l’uomo stesso.

Il maniaco notturno descritto da Poe, è inquietante nei suoi gesti e nei suoi pensieri; non vedeva null’altro all’infuori di quel “Occhio Malefico”, l’iperacutezza dei suoi sensi, così come preferisce definirla dava corpo alla sua tesi, fomentava il suo odio verso l’occhio…

Una volta ucciso l’uomo, fatto a brandelli il suo corpo e seppellito i suoi resti sotto il pavimento, l’uomo è orgoglioso e fiero di se’ per quanto compiuto, ne sorride; all’arrivo dei poliziotti, è calmo, sereno, addirittura li fa accomodare nella stanza del “suo amico partito per un viaggio”;

Si tradisce da solo però, perchè quel vecchio continua a torturarlo; non più col suo occhio, ma stavolta col battito del suo cuore…Ed allora ,è  quando il rumore diventa assordante e lui pallidissimo che confessa , istigato dai ghigni (ovviamente solo da lui carpiti, erroneamente) degli uomini presenti

 “Mascalzoni” urlai “smettetela di fingere! Confesso il delitto! Togliete quelle tavole! Qui, qui è il battito del suo odioso cuore”

Poe è riuscito in questa breve novella a trarre in rassegna i più emblematici tratti di una mente malata: incapacità di legare avvenimenti in base alle circostanze svilendo la portata di alcuni e intensificando quella di  altri, l’ossessione verso qualcosa e infine manie di persecuzione che portano alla rovina di sè.

Il tutto in un linguaggio dettagliato che regala un clima di crescente tensione e permette al lettore di essere ora nei panni dell’omicida, ora in quelli del vecchio avvocato spaventato  e ansimante.