Elena, vuoi raccontarti ai lettori? Disegna tu stessa una tua biografia essenziale, metti in luce e lascia in ombra i lati che preferisci.
Il chi sono e cosa faccio sta nelle parole che scrivo, nelle immagini che scelgo per raccontare e stringere la mano di chi legge.
Posso anticiparvi la mia passione per la bellezza più fragile, quella timida che stenta a mostrarsi, quella che va scovata dietro le porte e se vuoi trovarla devi impegnarti a cercarla.
Di solito, è il tipo di bellezza che non delude mai. Ecco, potrei definirmi una ricercatrice ostinata del bello da retrobottega. Quello esposto in vetrina mi convince poco. Diciamo che non m’innamora. E io amo innamorarmi, non riesco proprio a farne a meno.
Ho scritto quattro romanzi e tre raccolte di poesie. L’ultima, Strategia dell’addio, pubblicata da Liberaria, racconta il percorso di un amore, dall’incontro al distacco, dalla trasfusione di sé nell’altro alla riappropriazione di sé mediante la separazione dall’altro. Qui, le poesie ritraggono istanti di combattimento, ferocia ma anche di accoglienza e luce. C’è un corpo a corpo con l’Altro, con le cose, una lotta amorosa con la realtà. A dare forma e respiro a questa lotta, i disegni delicati e potenti di Clara Patella. Nei suoi tratti ritroviamo quel silenzio necessario a completare la parola.
Perché leggere? Cosa chiedi a un libro, cosa deve darti per non essere scaraventato nel cestino della carta o relegato in soffitta (naturalmente sto iperbolizzando)?
Ritengo buona una lettura capace di sollevare un interrogativo, di farmi riflettere su un “possibile” mai considerato. La scrittura deve spostare lo sguardo, farti capire che lì, un po’ più in alto a destra o a sinistra c’è qualcosa che non va ignorato. Perché ne vale la pena. Accantono i libri che mancano di coraggio e rinunciano al faccia a faccia con la verità.
Perché scrivere? Come e quando hai cominciato?
La parola è per me una necessità fisica, un po’ come la corsa quotidiana per l’atleta. Ho iniziato a frequentarla da ragazzina e non sono più riuscita a farne a meno. È una dipendenza, impegnativa ma felice. Si scrive per bisogno di vedere più mondi possibili, è fame di vita in ogni sua forma.
Quale libro porteresti con te in viaggio nello spazio, te ne venisse concesso solo uno?
Lo straniero di Camus, senza dubbio. Capolavoro di coraggio.
Cosa stai leggendo e cosa stai scrivendo in questo periodo?
Ho appena terminato la lettura di Sylvia di Leonard Michaels, un romanzo che incide e resta, capace di frasi carico del terribile e del meraviglioso assieme. Sto poi ultimando la revisione del mio prossimo romanzo che uscirà in autunno. Uno spaccato sulla paternità, dove la voce del figlio insegna.
Grazie, Elena, per il tuo tempo e le tue risposte.