Romano De Marco, abruzzese, è autore dei noir Ferro e fuoco (Giallo Mondadori n. 2974 marzo 2009, ripubblicato nel 2012 da Pendragon Edizioni), Milano a mano armata (Foschi 2011), vincitore del Premio “Lomellina in giallo” 2011), A casa del diavolo (Fanucci 2013), Io la troverò (collana Fox Crime Feltrinelli 2014), Città di polvere e Morte di Luna (entrambi pubblicati da Feltrinelli nel 2015) e del recente thriller L’uomo di casa (PIEMME, gennaio 2017).
«Mio marito è morto, con la gola tagliata e i pantaloni abbassati, dentro la sua macchina, appartata nel parcheggio di uno dei quartieri più malfamati di Washington. Forse vittima di una prostituta che lo ha derubato e ucciso subito dopo aver consumato uno squallido rapporto sessuale. Mentre io e sua figlia lo aspettavamo per la cena, mentre il polpettone con le patate era in forno e la tv sintonizzata sull’ennesima replica di Law & Order. Ucciso a pochi chilometri di distanza da casa sua, dalla cittadina considerata tra le prime, negli Stati Uniti, per la qualità della vita, l’assenza di criminalità. L’alto reddito pro capite.» L’ultimo romanzo di De Marco, L’uomo di casa, si apre con l’assassinio di Alan Sandford, l’irreprensibile marito di Sandra Morrison, l’affettuoso padre della loro figlia adolescente, Devon. Le circostanze del delitto sono sconvolgenti: Alan Sandford, un padre di famiglia, un ingegnere dal lavoro prestigioso e ben remunerato, è morto in circostanze che inducono la vedova a chiedersi in quale gigantesca illusione siano trascorsi i diciotto anni di un matrimonio che riteneva felice.
La storia si svolge negli Stati Uniti e si snoda tra Richmond e Vienna, entrambe città della Virginia, approdando, nella parte finale, a New York. Sono molti i volti dell’America che De Marco ci mostra: la provincia desolata, teatro di inconcepibili violenze domestiche; la squallida periferia urbana; i quartieri residenziali abitati da famiglie benestanti in cui tutto sembra scorrere tranquillo fino al delitto che irrompe nelle vite di Sandra, ignara dell’esistenza di una doppia vita del marito, e della figlia, l’adolescente Devon. Quest’ultima reagisce con rabbia e si chiude anche al dialogo con la madre, che descrive così la nuova realtà in cui si muove: «Non mi va di uscire, di incontrare gente… non la voglio una vita normale. Perché per me non esiste più la normalità, è un concetto morto insieme all’idea che avevo del mio matrimonio. E così continuo a star chiusa qui dentro e a inciampare nei ricordi… Se mi azzardo a cambiare qualcosa, a spostare una foto, un mobile, Devon mi urla contro, mi accusa di voler cancellare quel poco che è rimasto della nostra famiglia. Sono destinata a convivere con il passato. Anche Devon mi manca. Alan si è portato via pure lei, lasciandomi in cambio un’aliena che a malapena mi saluta quando ci incrociamo nel corridoio.»
In parallelo, De Marco ci racconta un’altra storia, che inizia una trentina di anni prima. Si tratta di un caso mai risolto, noto a tutti come il caso della Lilith di Richmond. Sei neonati sono stati rapiti nell’arco di un periodo breve. I cadaveri di cinque di loro sono stati ritrovati nella cosiddetta casa degli orrori di Richmond; del sesto non si è mai più trovata traccia. La donna che abitava nella casa e che la polizia ritiene autrice dei rapimenti e degli infanticidi – poco più che un fantasma dai contorni incerti – ha lasciato dietro di sé un bambino di circa sette anni, Seth, in stato di grave choc, ammanettato al termosifone. Ma da Seth non è stato possibile ottenere alcuna informazione e, dopo che viene dato in adozione, se ne perdono le tracce.
Quale legame può esserci tra i due filoni della storia? Quale collegamento può esserci tra la vita tranquilla dell’ingegnere Alan Sandford e la terribile storia della Lilith di Richmond? E chi è veramente John Kelly, un giornalista che si trasferisce nel quartiere in cui Sandra Morrison, la vedova, che intanto ha ripreso il suo lavoro di logopedista, tenta di sopravvivere al naufragio di tutto ciò in cui credeva, confortata dalle amiche e vicine di casa Elizabeth e Rita? Perché John Kelly si introduce nella vita di Sandra, quali sono i suoi scopi? E che fine ha fatto la detective afroamericana Gina Cardena, che si era appassionatamente occupata delle indagini sui rapimenti di Richmond?
I personaggi balzano fuori dalle pagine vivi e veri. Durante la lettura mi è capitato di rappresentarmeli con gli occhi della mente mentre agiscono, ridono, piangono, conversano, in un film che mi piacerebbe vedere sullo schermo.
La tensione cresce e si mantiene alta fino alla fine, mentre De Marco smonta e rimonta con grandissima abilità il complesso puzzle della storia (delle storie), spiazzando di continuo il lettore. Nel momento in cui si intravede una soluzione, come in un gioco di prestigio si scopre che niente e nessuno è quello che appare. I colpi di scena si susseguono fino all’ultima pagina ed è difficile interrompere la lettura: si vogliono risposte agli interrogativi sull’atroce fine di un uomo di casa, quale Alan Sandford era o sembrava, sui delitti di Richmond, sul mistero che circonda John Kelly, sulla girandola di eventi in cui il male, come sempre, genera altro male.
Rosalia Messina