Tre domande a Monica Delli Iaconi, autrice del romanzo God is a woman
Monica Delli Iaconi vive e lavora in Toscana, in provincia di Pisa. Fotografa, anche per il teatro e per illustrazione di libri, con esperienza di docente in corsi di fotografia, ha pubblicato due raccolte di pensieri e foto: Il Re senza corazza (Matithyah 2012) e La protagonista è assente (Matithyah 2015). Di recente ha pubblicato, con lo stesso editore, il romanzo God is a woman.
Ciao, Monica. Pronta per le tre domande? Iniziamo: credi in Dio?
Un tempo credevo in Dio. Un tempo di molti anni fa. Ho ricevuto i più importanti sacramenti della Chiesa cattolica. Ma a un certo punto la mia fede non mi ha più permesso di credere in un Dio “padrone” della religione. Ho cominciato a credere nella forza dell’essere umano, nelle sue potenzialità, nelle sue capacità, spesso sottostimate e poco sfruttate. Se dovessi esprimere però un credo posso sicuramente sostenere che l’unico senso divino per cui valga la pena avere fede sia l’Amore. Inteso anche come rispetto, compassione e perdono. La persona viene prima di tutto, al di sopra di qualsiasi interesse, economico, politico o religioso. Sembra così banale questa credenza che forse non vale nemmeno la pena di scriverla come risposta alla domanda: “Credi in Dio?”. Per il potere consolatorio che a volte possiede la sintesi, forse basta che io ti dica un semplice: “No, non ci credo”.
Perché Dio è una donna? In senso filosofico, immagino. O nel senso che ci dirai tu.
Nel romanzo si svela, più o meno esplicitamente, perché Dio è donna. Senza andare a scomodare troppo il pensiero filosofico e teologico, seppur vi si disquisisca in maniera molto interessante sull’aspetto materno di Dio, l’affermazione “Dio è una donna” è in questo caso strettamente legato alle vicende della protagonista, Delia, che invece crede in Dio e, in una maniera tutta sua, costretta da eventi più forti di lei, si interroga sull’identità e la “sensibilità” del suo Dio.
Inoltre mi piace pensare che se un senso di divinità – inteso come qualcosa di ancora non del tutto spiegabile, come una forza creatrice – debba esistere e dimorare tra gli esseri umani, allora il “posto” migliore nel quale esso possa trovarsi sia proprio nella donna e nella sua capacità di donare, creare, originare vita. Se il dio delle religioni “crea”, e se è la donna che crea vita, il sillogismo viene da sé.
Tre buone ragioni per leggere il tuo romanzo.
Di solito non do mai una buona ragione per comprare un mio libro o una mia foto. Una volta durante una presentazione mi chiesero se esistessero dei buoni motivi per non leggerlo…
Scherzi a parte… tre ragioni mi sembrano molte, anche perché la prima che dirò, e non per una mia presunzione, ma per il peso del suo contenuto, penso possa essere sufficiente.
Vorrei che questo libro si leggesse perché racconta una storia vera di violenza fisica e psicologica verso una donna che ha il coraggio di abbandonare la sua terra, la sua famiglia, le sue radici, il suo lavoro e la sua posizione sociale, per inseguire un sogno chiamato libertà. Perché racconta che quel sogno si chiamava Italia, quell’ Italia dove le vittime di femminicidio hanno raggiunto cifre spaventose, inumane. Quell’Italia in cui la donna ancora oggi non ha lo stesso peso e lo stesso equilibrio nella società che ha il mondo maschile. E che il reato contro il genere, ovunque, non solo nel nostro Paese, ha a che fare con le relazioni di potere anziché di amore. E vorrei che si leggesse perché nel romanzo si ribalta il pregiudizio nei confronti di chi, appartenendo a una nazione, in questo caso la Romania, si trova appiccicata addosso un’etichetta, un marchio che deve riuscire a demolire ancor prima di aver mostrato il suo valore e il suo volto. Ecco, vorrei che si abbattessero tutte le categorie: per lo meno tra gli esseri umani.
Grazie, Monica, per il tuo tempo e per le tre risposte.