Rosalia Messina, Morivamo di freddo
Durango
Rosalia Messina ha proprio scritto un romanzo nel senso tradizionale del termine, ha cioè dato vita a un mondo complesso e lo ha seguito nella sua esistenza e nei suoi cambiamenti, attraverso la vicenda di due famiglie che si “vivono” accanto, senza aver sempre consapevolezza completa dei rapporti interpersonali che le legano. Ed è proprio l’acquisizione progressiva di questa consapevolezza la materia di Morivamo di freddo, che rientra, come già anticipato dalla frase dello psichiatra britannico Ronald David Laing, posta in esergo, nel genere del romanzo psicologico. Nello sviluppo della vicenda le vite dei personaggi sembrano svolgersi parallele, ma rivelano, a poco a poco, inaspettati punti di incrocio esistenziale, che il lettore scopre gradualmente, grazie al moltiplicarsi sempre molto nitido dei diversi punti di vista. Le modalità narrative, che alternano con naturalezza dialoghi, passi di diario e monologo interiore alla narrazione vera e propria, così come la scelta di una scrittura lucida e senza sbavature, si rivelano altamente funzionali all’analisi psicologica. Parola chiave dell’intera la narrazione è sicuramente “famiglia”, il terreno in cui germinano, nel corso di diverse generazioni, spesso gli stessi semi di una specie di “destino” comune, una sorta di copione familiare, che tende, in circostanze particolari, a ripetersi. Ma gli individui, che sono il frutto di relazioni e di abitudini sentimentali anche antiche, fino a che punto e con quali mezzi, sono in grado di sventare il disegno prescritto dagli avi? Non nascondo, a questo proposito, che, dopo aver completato la lettura di questo romanzo, che scorre in profondità come una corrente nel mare aperto, la mia memoria non ha resistito al richiamo luminoso di una celebre frase di Alejandre Jodorowssky: “Le sofferenze familiari, come gli anelli di una catena, si ripetono di generazione in generazione, finché un discendente acquista consapevolezza e trasforma la maledizione in benedizione”. Ed è proprio questo, secondo me, il senso della bella narrazione di Rosalia Messina.