Tutta la poesia è luminosa, persino
la più oscura.
È il lettore che ha talvolta,
al posto del sole, nebbia dentro di se.
E la nebbia non permette mai di vedere chiaro.
Se ritornerà
un’altra volta e un’altra volta
e un’altra volta
a queste sillabe infiammate
rimarrà cieco da tanto chiarore.
Sia felice se arriverà.
Eugenio De Andrade
La luce, ecco il fine della poesia per Eugenio De Andrade. Lo sa bene questo poeta portoghese, nato in estrema povertà, ma che ha fatto della poesia un dono oltre che uno strumento di elevazione sociale e culturale.
Ecco che egli riflette precisamente sull’enorme capacità della scrittura in versi: essi sono un insieme di raggi che rischiarano il cuore e lo riscaldano del calore delle fiamme. Purtroppo, talvolta la nebbia invade lo spirito e lo copre con una patina oscura.
Eppure capita che la vista dell’animo è ricoperta da un velo troppo spesso. Tuttavia, anche per gli animi più ostinati e annebbiati, la poesia può fare miracoli. La sua luce è come il piacevole e inaspettato sole d’inverno.
Leggere questa versi richiama alla mente la bellissima scena del film “Il postino” nella quale il protagonista, il postino appunto, incontra per la prima volta la poesia mediata e filtrata dalla voce di Pablo Neruda. Lo stato d’animo di quell’ascoltatore apparentemente inconsapevole e digiuno di “metafore” si eleva ad una dimensione altra e capisce che l’intero mondo è teatro di poesia. Le parole diventano le onde che lo sbattono come una barca. La poesia, si dirà ancora nel film, non è di chi scrive, ma di chi se ne serve, di chi sa coglierne le sfumature e le potenzialità.
Anche se, dunque, spesso siamo ciechi, non c’è niente di meglio che aprire gli occhi così da poter cogliere il senso ultimo di ogni poesia, anche di quella non ancora scritta.