Una volta che hai toccato il fondo, il call center è meglio di niente”
da La Zattera, Fulvio Colucci
La zattera è una piattaforma galleggiante costituita da tronchi d’albero collegati insieme e anticamente o in casi di emergenza viene utilizzata come imbarcazione. Ma non è sicura e nella migliore delle ipotesi finisce quasi sempre con l’epilogo tragico che rimanda la memoria al Titanic o alla più moderna Concordia. Con o senza il comandante Schettino. Emblematico che sia proprio questo il titolo del nuovo romanzo di Fulvio Colucci, o forse sarebbe meglio chiamarlo documentario di vita, per tutta una serie di ragioni di natura contenutistica. Ma avventurarsi in un romanzo del genere non è facile, per niente.
Sei storie di matricole da call center nell’infinito mare delle tutele poco crescenti, degli obiettivi di vendita, dei tempi medi conversazione e della pausa di 15 minuti che non basta nemmeno a espletare bisogni e funzioni primarie, se il bagno è occupato s’intende. Sulla zattera cinque donne e un solo uomo e un lavoro iniziato quasi per scherzo con la ferma e certa convinzione che sarebbe durato solo per un periodo breve mentre si ricerca altro, curricula su curricula. Ma l’altro non esiste e nemmeno l’altrove e allora quel lavoro è divenuto in pochi istanti, quasi impercettibili, una necessità, l’unico ramo cui aggrapparsi, la certezza e la sicurezza.
E mentre continuano a sperare un futuro diverso e migliore, che nemmeno Cesare Cremonini col suo famosissimo ritornello, si fa strada l’amarezza e il dolore di non avere più un sogno, assorbito totalmente nella meccanicità di un lavoro che riduce l’attività cerebrale al nulla emotivo e al vuoto assoluto. In mezzo a tutto questo minestrone di pensiero non manca la lotta sindacale ininterrotta per salvare i pochi diritti del famoso contratto a progetto, le commesse in scadenza, il target alto da mantenere e l’acciaieria come proiezione e sfondo nella città dell’industria dei veleni, nella città delle scorie mortali, nell’apatia di un lavoro senza stimoli fatto di identiche risposte a domande che per nulla considerano che dall’altro capo del telefono ci sia qualcuno che vorrebbe essere altrove, con i suoi drammi sull’impossibilità di arrivare alla fine del mese. In balia del vento del bisogno, si riscopre la forza di alzare la testa e di non assecondare la mancanza di rispetto di questo lavoro da 800 euro al mese che non ti fa vedere nemmeno l’inizio mese.
Edito da Il grillo Editore, La zattera di Fulvio Colucci è un romanzo essenziale perché da voce a tutti gli impiegati delle telecomunicazioni che vivono un’esistenza denigrante, costretti a mentire pur di strappare un contratto, costretti ad ascoltare le offese e accuse di incapacità nel risolvere un problema, costretti a non essere altro che una matricola priva di identità. Il richiamo alla storia è immediato, ma non deve essere, non deve esistere. Migliaia i giovani e i meno giovani che lavorano nei call center, come unica possibilità di realizzare la propria vita e le proprie aspettative, padri di famiglie e mamme, laureati, ingegneri e musicisti costretti spesso a soccombere, ad aggrapparsi con tutte le forze a questa zattera che resiste alle onde e che rappresenta un dramma. Perché se Renzi ha detto che “Quello che è importante è che l’Italia è ripartita dopo che negli ultimi anni è come se avesse avuto la ruota bucata e una caduta in discesa. Per chi è abituato a cifre e statistiche sono solo numerini ma è di più: è la donna del Sud che trova occupazione, il cinquantenne che ha una chance grazie al Jobs act.(…) Più 44mila occupati, meno 143 mila disoccupati”, molto probabilmente non aveva ancora letto questo romanzo. E in tutta onestà credo che dovrebbe.
“Dalla zattera è scesa Gaia. Lei ha mollato il call center, a nuoto cerca ancora la riva. Mi ha voluto raccontare come ha fatto a non perdere l’umanità. Soccorrendo un’anziana al telefono. La donna cadde, mentre raggiungeva il contatore per leggere all’operatrice il consumo 14 energetico. Viveva da sola. Gaia attivò subito i soccorsi. Qualche tempo dopo Gaia ha chiamato l’anziana per sapere come stesse, sfidando le regole della privacy che impongono di non conservare i numeri telefonici dei clienti, Questo libro è dedicato a Gaia e a tutti coloro i quali, dentro e fuori i call center, credono che nessuna cuffia possa mai coprire la voce dell’uomo”.