Tra i candidati al premio Strega quest’anno spunta anche Fabio Genovesi con Chi manda le onde (edito da Mondadori), un bel pacchetto azzurro che fin dalla copertina promette tanto mare. Infatti la Versilia gioca un ruolo decisivo in questo romanzo corale e l’ombra di Forte dei Marmi fa da sfondo alle avventure di una manciata di emarginati. E basterebbe l’amore che lo scrittore dichiara tra le righe alla sua terra per capire che qui si sta parlando di “casa”.
Una famiglia atipica ha il suo strano equilibrio, anche se esternamente potrebbero sembrare una banda di disastrati: Serena è una madre all’attacco, bella e altrettanto incasinata, Luca è il figlio diciottenne surfista, bello, caro e gentile, un individuo di rara perfezione; la figlia Luna ha un unico amico un po’ bizzarro: Zot, lei albina e diversa per definizione, lui arrivato da Chernobyl parla e si muove come un adulto. Lei con quei capelli candidi candidi e gli occhi vigili sul mondo, lui “vecchio dentro” e degli anziani copia stile e gusti musicali. Sandro e i suoi amici, dei quarantenni perennemente delusi da tutto, senza un futuro o una direzione, senza più la spinta propulsoria per combinare qualcosa nelle loro vite. Sandro, insegnante per caso, è un inconcludente, innamorato di Serena e ammiratore indefesso del giovane Luca. E infine Ferro, un bagnino in pensione intenzionato a difendere la sua costa dall’invasione dei ricchi russi.
E quell’espressione lì, “dare il permesso”, a Sandro lo ha mandato fuori di testa. Ma come si fa a soffocare un figlio così, a tenerlo in gabbia con la scusa che è ancora presto, con la schifosa bugia che un giorno potrà fare quello che vuole, ma quel giorno è sempre un giorno più in là, e non arriva mai.
Tanti episodi visti da punti di vista diversi, ma così intimi e vicini che non possono che toccarsi. È anche per questo che il mare regala tante cose, tanti oggetti dimenticati e perduti, per riferire storie dimenticate a chi ha il cuore di ascoltarle. E Luna, imbacuccata fino alla testa per evitare i raggi del sole, ogni martedì siede davanti a quella bella ondeggiante macchia blu e raccoglie i frutti della sua pazienza.
La gente si lamenta sempre che la vita è tutta uguale e piatta e noiosa, ma se poi passa qualcuno che è un po’ diverso allora si agita e si spaventa.
Una scrittura diretta, puntata ai cuori di giovani e vecchi con la dolcezza di un fucile. Perché i personaggi non si fanno tanti problemi a dire quello che devono dire, cioè che la vita promette e non mantiene e la maggior parte delle volte è profondamente ingiusta. Con ironia e malinconia l’autore arriva a trattare temi forti senza la pesantezza che solitamente li accompagna. Protagonisti sono gli stati d’animo, quelli più leggeri e paradossali, ma anche i più dolorosi e difficili da affrontare. È così fluido e lieve che entra sotto la pelle e non ce ne si accorge. Mai si direbbe che questo romanzo sia stato prodotto dell’accumulo di riscritture e revisioni. A cavallo tra la piccola quotidianità che sperimentiamo ogni giorno e le situazioni surreali prodotte da una mente sensibile.