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L’Eco dell’ovvio

Il sabato è un giorno particolare per scrivere e pubblicare un articolo, soprattutto se si tiene una rubrica di attualità. Inevitabilmente ci si ritrova a ripercorrere la settimana appena trascorsa alla ricerca di qualcosa di cui valga la pena parlare, per incuriosire i lettori, o semplicemente per avere la loro attenzione, la vostra attenzione, fino al punto finale.

Fin qui tutte cose abbastanza ovvie, ovvie come l’ultimo intervento di Umberto Eco che, nonostante confermasse soltanto un situazione nota a molti, ha invaso il web con la frase più copiata e incollata di questi giorni: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”.

Partendo dal presupposto che l’intervento di Eco non era proprio così incisivo, ma più una constatazione, ora non si vuole dargli ragione o torto, non si vuole accrescere un dibattito, sul web, continuando a confermare ciò che lo scrittore ha detto. Se si parla di Eco oggi è perché ci si vuole soffermare principalmente sul senso delle sue prime battute, ossia quella pars construens che in questo caso anticipa la pars destruens.

Prima di dare degli imbecilli al popolo del web Umberto Eco si sofferma sulla scuola e il giornalismo. Sulla scuola propone qualcosa che se può essere considerato ovvio a parole da molti, nei fatti poi così ovvio non è. Eco infatti propone di insegnare ai nostri giovani studenti a filtrare le informazioni, a sviluppare un senso critico che li porti ad essere capaci di discernere la verità dalle bufale. Osa dicendo addirittura di  far copiare ai temi, ma facendo confrontare ai ragazzi non meno di dieci siti sull’argomento della prova.

Nel complesso al problema del marasma di informazioni, fruite da tutti e da tutti prodotte, insegnare il senso critico, il filtraggio delle informazioni, per quanto ovvio, non è sbagliato. Così come non è male il suggerimento alle testate giornalistiche cartacee che secondo in nostri intellettuale potrebbero dedicare una o due pagine ad una lista di siti, dividendo tra gli attendibili e non. In questa maniera non solo si aiuta la circolazione sana dell’informazione, ma il giornale cartaceo riassumerebbe, in teoria, il ruolo guida che il web gli ha da tempo sottratto.

Questa parte dell’intervista a Umberto Eco in occasione del ritiro della laurea honoris causa in ‘Comunicazione e Cultura dei media’ è stata messa meno in evidenza, e il suo barbuto faccione ha navigato di sito in sito, di social in social intitolata solo dalle parole “è l’invasione degli imbecilli”. Ecco cosa si criticava, proprio la parzialità del giornalismo attuale e soprattutto quello del web, che vende articoli giornalistici come App e buoni sconto da SPA, con titoloni e paroloni ad effetto, amplificando, esagerando, talvolta spacciando per clamorosa una notizia che tale non è.

Ripensandoci però questo è uno dei discorsi più triti e ritriti del momento, tanti si lamentano, tanti vorrebbero un’informazione più pulita e più affidabile, ma la macchina del web non si ferma mai, e  invertire la rotta sembra quasi impossibile. Sarà anche per questo che esiste “Lercio” no? Quale esempio migliore per dimostrare ciò che si è detto fin ora?