Il vento soffiava debolmente da est, portava profumo di fiori e foglie di limone. Era impossibile avvertire qualsiasi odore che non fosse cenere, Lidja lo sapeva, ma la sua vivida immaginazione cercava di trovare una via di fuga alla desolazione che la circondava. E se chiudeva gli occhi le sembrava addirittura di udire un pianto lontano di bambini. Hanno bisogno d’aiuto, pensò in un attimo di smarrimento, poi si ricordò che non potevano esserci grida o risate e ritornò il silenzio.
Negli ultimi anni suo marito Volodja era diventato irritabile, musone, pensava spesso alla morte. Non riusciva a capacitarsi di essere diventato vecchio e inutile, brontolava per pomeriggi interi lamentandosi della vita che non avanzava più da anni ma che non si decideva a finire. Parlavamo spesso allora di un’usanza che una tribù – americana? Australiana? Non lo sapevano, non ricordavano – manteneva da secoli: quando un uomo diventava troppo anziano al punto che egli stesso non sapeva che fare della propria vita, lo lasciavano adagiarsi su una piroga che l’avrebbe trasportato fino al centro dell’oceano, dove avrebbe reso la sua anima a Dio. Immaginavamo come sarebbe stato poter chiedere una piroga per due, lasciarsi andare insieme verso qualcosa di più sereno della vita che ora non aveva più nulla da offrire loro. Insieme, come si erano promessi quasi mezzo secolo prima. Quando pensava all’eventualità di potersi abbandonare alla Fine volontariamente, Volodja si tranquillizzava e tornava a leggere. Quando Volodja leggeva, voleva dire che non aveva brutti pensieri per la testa.
Dov’era, a proposito? Lidja l’aveva lasciato un po’ indietro perché voleva starsene per un momento in disparte a riflettere, ma ora si preoccupava per lui. Erano rimasti soli nel giro di centinaia di chilometri, forse addirittura in tutto il continente o persino nel mondo. Da ore giravano a vuoto in auto, cercando qualche superstite del bombardamento, ma attorno a loro c’erano solo cadaveri e macerie, una distesa infinita che testimoniava l’ultima mattanza del genere umano.
Perché erano sopravvissuti solo loro, poi? Due anziani in dirittura d’arrivo nella loro corsa attraverso la vita che ormai non avevano più nulla da offrire?
«Ah, ti ho trovata». Volodja raggiunse Lidja sbuffando per la fatica.
«Ciao, caro. Scusa, ero sovrappensiero».
«Come sempre».
«Eddài, finiscila di brontolare sempre».
Con un grugnito, l’uomo si sedette accanto alla moglie, che ritornò a guardare fisso davanti a sé. Non aprirono bocca per qualche minuto, assorti nelle loro riflessioni. Quanto era grottesco tutto ciò: la loro solitudine dopo la tragedia, il mondo in pezzi. Quasi non riuscivano a crederci.
«Credi davvero che siamo rimasti soli in questo sputo di pianeta?».
«Forse sì. Forse no. Di certo è stato tutto distrutto nel giro di centinaia – forse migliaia – di chilometri».
Volodja cinse le spalle di Lidja con un braccio. «Sai cosa si fa in questi casi?», ammiccò. Lei sorrise e scosse la testa. «No».
«Si cerca di ripopolare il pianeta».
Si guardarono per un momento negli occhi e poi quasi scoppiarono a ridere entrambi. Si immaginarono attorniati da piccoli marmocchi fastidiosi che interrompevano i loro sonnellini pomeridiani. In uno slancio d’affetto, Lidja abbracciò il marito e gli stampò un tenero bacio sulla guancia rugosa.
«Pensavo a una cosa», disse poi Volodja, con un tono incredibilmente dolce.
«Cosa?».
«Potremmo trovare una piroga».
Lidja lo guardò e sorrise. Lo carezzò con delicatezza, tracciando delle linee sottili lungo le rughe più profonde del volto. Era bello come quando l’aveva sposato.
Si alzarono in piedi, tenendosi per mano. Diedero le spalle al sole, che ormai stava tramontando, e cominciarono a camminare senza una meta, fino a quando le loro gambe non furono così stanche da non reggerli più.