Che Michel Houellebecq sia l’autore francese tra i più politically incorrect era cosa nota, ma il suo più recente lavoro, atteso dopo quasi 5 anni dall’ultima pubblicazione, è stato concepito per sconvolgere; almeno queste erano probabilmente le sue intenzioni. Media e critici letterari hanno tanto parlato di questo romanzo; a Gennaio anche la redazione di Charlie Hebdo ,prima della sua fatale e tragica sorte, aveva dedicato una vignetta a questo libro. Eppure Sottomissione (Bompiani, ed 2015, pag 252) non ha confermato le attese, tantomeno sconvolto se non in minima misura.
Nel libro non si parla di attacchi terroristici o distruzione delle società occidentali ma le vicende costruite attorno alla figura del protagonista portano all’idea di una Francia (ed un Europa) attraversata da un mutamento politico, culturale e religioso improntato su una radicale islamizzazione. E’ un romanzo distopico ma a differenza delle tipiche trame orwelliane, sembra che non ci sia un monito, una finalità morale nelle intenzioni dell’autore. Si ha l’impressione che si tratti piuttosto di una profezia.
Il racconto è ambientato nel 2017, all’imminenza di una campagna elettorale che si ritiene cruciale per la Francia dagli esiti di una società euroarabica. Il giovane e spregiudicato Francois, Professore associato di letteratura francese all’Università Paris III Sorbone, è un profondo cultore di Joris Karl Huysmans. La sua stessa esistenza ambisce a riprodurre, anche solo in parte, lo stile e le idee dello scrittore francese; eppure la sua vita scorre quasi nell’anonimato. Oltre all’impegno di accademico le sue relazioni sociali quanto i legami sentimentali sono sporadici. Francois rasenta la misantropia ed i suoi rapporti con le donne si limitano a fugaci attimi di piacere.
Dibattiti e talk Show proliferano tra i Media con l’approssimarsi delle elezioni, ma le Università restano tiepidamente coinvolte il che fa supporre al protagonista che il cambiamento tanto paventato non si realizzerà nell’immediato. Sarà alla vigilia della votazione che Parigi viene sconvolta da una serie di attacchi e rivolte. Le scuole e le Università vengono chiuse e Francois ripara a Sud, in un piccolo paese dei Pirenei dove capirà che qualcosa è già cambiato nella società che credeva di conoscere e da quel momento inizierà una profonda riflessione storico-filosofica che animerà un paio di capitoli del libro.
“Non avevo alcun progetto, alcuna destinazione precisa; solo la sensazione, molto vaga, che mi convenisse dirigermi verso Sud-Ovest; che se in Francia fosse scoppiata una guerra civile, ci avrebbe messo un po’ prima di arrivare nel Sud-Ovest. A dire il vero non sapevo quasi niente del Sud-Ovest, a parte che è una regione dove si mangia confit d’anatra; e il confit d’anatra mi sembrava poco compatibile con la guerra civile. Certo, potevo anche sbagliarmi.” (Cit pag 109)
Con la vittoria del partito dei fratelli Musulmani sul fronte nazionale di Marie Le Pen, Ben Abbes è il nuovo Presidente della Francia. Le sue promesse elettorali vengono mantenute e per il Paese sembra esserci una ventata di progresso dal momento che le Banche del Qatar fanno affluire grandi investimenti in Europa e soprattutto in Francia. Il Ministero del Lavoro e della Istruzione sono sotto il completo controllo del partito musulmano ed è in questi contesti che i primi cambiamenti si manifestano e favore degli islamici sotto lo sguardo stupefatto dei cristiani e la rassegnazione degli ebrei, pronti a lasciare per sempre il vecchio continente.
A differenza di Huysmans, di cui intende emulare il gusto estetico e culturale, Il suo non è un vero e proprio interesse alla società, quanto un trascinarsi tra la banalità del quotidiano ed uno stile personale voluttuosamente imitatore degli atteggiamenti dei simbolisti Francesi, alla Guénon o Bloy.
Una volta chiamato dal nuovo Rettore Rediger a ricoprire un prestigioso incarico nella sua università, Francois intraprende un cammino di conoscenza dell’islam fino all’epilogo meno scontato per una persona come lui. Si sottomette, con poca razionalità, verso l’unica svolta possibile per la sua esistenza.
“Sarebbero passate ancora un paio di settimane, come una sorta di dilazione da pudore, durante le quali la temperatura si sarebbe pian piano mitigata e la primavera sarebbe scesa sulla regione di Parigi; e poi, ovviamente, avrei chiamato Rediger.Lui avrebbe accentuato un po’ la sua soddisfazione, soprattutto per delicatezza, perché avrebbe tenuto a mostrarsi sorpreso, per lasciarmi l’impressione di un libero arbitrio: sarebbe stato genuinamente contento della mia accettazione, lo sapevo, ma in fondo la dava già per acquisita…Le donne musulmane erano devote e sottomesse, potevo contarci, venivano allevate in tal senso, e in fondo questo basta per dare piacere; quanto alla cucina un po’ me ne fregavo, ero meno delicato di Huysmans su quell’argomento, ma in ogni caso ricevevano un’educazione appropriata, doveva essere proprio raro che non si riuscisse a farne delle casalinghe quantomeno passabili” (cit pag 250)
Il racconto è scorrevole e non mancano interessanti digressioni sulla filosofia Francese e tedesca di fine ottocento ed anche se poco contestualizzata, la parentesi storica di Carlo Martello e dei merovingi coinvolge nel corpus delle vicende. Tuttavia si ha l’impressione di un finale repentino, quasi troncato ed in fondo ricorrono molti luoghi comuni sulle religioni messe sotto la lente del professor Francois e si sa, quando si tocca la religione, qualunque essa sia, sono in pochi ad avere la lungimiranza di tacere quando non si ha una verità universale.