In tutta l’opera del calabrese Tommaso Campanella si colgono profonde contaminazioni popolari e contadine, pratiche magiche e superstizione, uno spirito di rivolta e una spiccata aspirazione alla giustizia sociale, contraddistinte in particolar modo da una metafisica attesa della rivelazione di Dio e di una verità ultima. Tutti questi elementi collegano Campanella al pensiero ereticale del Medioevo, e a tutta quella tradizione tinta di profetismo escatologico che ha visto Gioacchino da Fiore il suo massimo iniziatore. Campanella, inoltre, ha subito l’influsso decisivo della cultura umanistica, soprattutto quella platonica, dell’ermetismo e del naturalismo del cinquecento, ma tutta la sua esperienza intellettuale si caratterizza, in modo speciale, per il continuo confronto col cattolicesimo della Controriforma, tesa a una visione totale dell’uomo e della società. Proprio su questo terreno, che vede l’intellettuale schierarsi contro la Chiesa e il suo potere, lo spirito riformatore di Campanella ha trovato un ostacolo insuperato, conducendolo ad essere vittima di una forte persecuzione, poi prigioniero e torturato nelle carceri di Napoli, a Castelnuovo.
Nonostante abbia segnato la cultura italiana per il suo complesso, simbolico e religioso riformismo politico (l’indimenticabile Città del sole), oltre che per le sue innumerevoli opere apologetiche che l’hanno visto opporsi continuamente al potere repressivo delle istituzioni clericali, Campanella ha manifestato nella sua vita anche un particolare interesse per la poesia. Le sue migliori composizioni sono rintracciabili nell’affascinante Scelta d’alcune poesie filosofiche di Settimontano Squilla, raccolta di poesie pubblicata in Germania nel 1622.
L’opera riassume interamente l’esperienza umana, filosofica, religiosa e politica di Tommaso Campanella. Quella di Campanella si pone come un’inquieta e solitaria ricerca del più profondo significato del mondo, attraverso la poesia come unico strumento di comunicazione magica tra l’uomo e la natura. Risalendo direttamente a Dante nelle scelte linguistiche, in un continuo alternarsi tra linguaggio popolare e quello biblico, Campanella compenetra il linguaggio filosofico con immagini materiali e corporee. Il poeta si cala nella verità della natura, concepita come benefica e divina, e si oppone alla conoscenza falsa dei poeti pagani, benché sia incessante la presenza del Male che domina la terra.
Il continuo intrecciarsi di questi due piani rivela la relatività di ogni cosa, la natura arbitraria della condizione umana. Il mondo appare come un grande teatro in cui ogni uomo è soltanto una comparsa, che vive grazie al suo copione, costretto a recitare la propria parte finché non giunga la fine dei tempi. Il sapiente è chi ha compreso questo fatale inganno accettandone la logica, e al contempo si batte contro l’ingiustizia, l’ipocrisia e la follia di chi ignora la provvisorietà del proprio ruolo, alimentando l’anarchia e la violenza.
La tensione aumenta quando Campanella ci racconta della sua esperienza da fuggitivo, e delle pene che ha dovuto sopportare come prigioniero. Spesso nella sua speranza s’insinuano il dubbio della sconfitta, il senso di vuoto, il timore che Dio l’abbia abbandonato, e l’accecante rabbia per il divario che separa il futuro dalla desolazione del presente. Al contempo s’impongono, come prova di un’inesauribile lucidità intellettuale, alcuni momenti di eccezionale polemica sociale, simili a parabole religiose che testimoniano, con linguaggio crudo e realistico, la rabbia di un’intera generazione sopraffatta dalla tirannide, ma anche i segni dell’arrendevolezza dei popoli, incapaci a ribellarsi.
La voce profetica del Poeta irrompe con tutta la sua folgorante e violenta originalità: il suo linguaggio non esalta il presente, non ha i toni celebrativi e cerimoniosi del passato, ma scardina i propri limiti, proiettandosi nel futuro come un monito. Le ossessioni e le contraddizioni che hanno reso Tommaso Campanella uno dei più illustri ricercati d’Europa, diventano alla fine un segno di forza, e una rigorosa, coerente ma dolorosa testimonianza non soltanto della Controriforma, ma di un’intera epoca.