Violenza ed intolleranza portano alla paura e all’odio reciproco. In questi tempi di minacce mediatiche e coincidenze politiche, viene in mente come la storia sia davvero un libro aperto le cui pagine, spostate dal vento dell’oblio, riscrivono le stesse tragedie, lette ma non capite.
Il 17 febbraio del 1600 veniva arso vivo Giordano Bruno a Roma, in Campo dei Fiori. Senza voler fare facili e tristi paragoni, la morte del monaco dominicano ci invita a riflettere su quanto la mancanza di uno spirito critico, aperto a nuove idee e teorie, possa essere un terreno fertile di violenza e sopraffazione. Giordano Bruno ebbe la sfortuna di vivere in un’epoca in cui un pensiero critico non allineato doveva essere cancellato, abolito e distrutto. Una sfortuna che aleggia sulle pagine contemporanee del libro della storia. Morì dieci anni prima delle teorie e delle scoperte di Galileo Galilei e nacque cinque anni dopo la morte di Copernico.
Il 1600 è l’anno del Giubileo. Uomini di chiesa, fedeli, pellegrini corrono a Roma per celebrare l’evento. Le strade della città sono in pieno fermento, il viavai di gente assomiglia al corso inarrestabile del Tevere. In quella folla caotica, impegnata in litanie e canti, pochi prestano attenzione al martirio del monaco dominicano, impegnati quasi tutti a ricevere benedizioni e indulgenze. Giordano Bruno era lì, a bruciare per le sue idee diverse dalla dottrina obbligata ed accettata. Fosse vissuto solo qualche decennio dopo, forse la sua morte non sarebbe stata così atroce.
Nel 1600 l’Inquisizione macinava vite e idee a pieno regime. La vena umanistica del cristianesimo rinascimentale si stava esaurendo nello spirito della Controriforma. Un’epoca d’intolleranza e persecuzione valutava come orrende e quindi degne di morte le idee di chi non professava la filosofia aristoteliana.
Giordano Bruno ebbe in sorte di essere uno spirito libero pensante che, dopo aver studiato testi e letto volumi pesanti quanto le falsità in essi contenuti, elaborò il suo pensiero in maniera critica ed indipendente. Accusato di idee eretiche, fra le quali anche quella dell’esistenza di un universo infinito di mondi, Bruno non era un astronomo, bensì un filosofo itinerante che faceva del suo cammino in lungo e in largo per l’Europa, il suo più valido strumento di conoscenza. Confrontandosi con nuove teorie e linee di pensiero, Giordano Bruno elaborò una sua visione del mondo e dell’universo. Inaugura una teoria del relativismo in cui le verità date per certe ed assolute sono le prime a dover essere confutate e provate nella realtà delle cose. Bruno fu uno dei primi ad incoraggiare l’uso del metodo sperimentale.
Quello che oggi ci resta del monaco dominicano è la forza delle suo spirito critico, la capacità di guardare alle cose da un’altra prospettiva, valutarle, confutarle e cambiarle se necessario. La muffa dei pensieri è il più grande torto alla conoscenza.