Me la ricordo come se fosse qui ora, mia madre, seduta sulla sedia a dondolo vicino al caminetto che ricama e mi parla tenendo gli occhi fissi sul suo lavoro.
«Anna, mia cara, tra poco ti troveremo marito. Ricordati solo una cosa: agli uomini bisogna rispondere sempre: “Sì”. Anche se ti sembrerà ingiusto, anche se non sarai d’accordo, dalla tua bocca dovrà uscire sempre e solo: “Sì”».
Quanto era bella con indosso la sua vestaglia e i capelli sciolti che le ricadevano ondulati fino a metà schiena. Accanto ai suoi occhi verdi si intravedevano le rughe sottili che cominciavano a segnarle il viso e non c’era nulla che potesse mai turbare la sua espressione composta ed elegante.
Volevo diventare come lei, una donna ammirata, una moglie amorevole e una madre ferma. Aspettavo solo il matrimonio per dimostrarle che poteva davvero essere orgogliosa di me.
Carlo non era molto giovane, ma nemmeno così vecchio. Si presentò a me formalmente, in marsina, con un sorriso accattivante sotto ai folti baffi neri. Mi prese la mano e la baciò, guardandomi in una maniera che mi fece arrossire e quando incrociai lo sguardo di mia madre che stava osservando tutta la scena, capii che quello sarebbe stato il mio primo “Sì”.
Imparai ben presto cosa volesse dire acconsentire a tutto ciò che il mio uomo domandava. Non mi sottrassi mai alle sue voglie, ai suoi soliloqui da vecchio militare, al modo in cui stampava baci umidi sulle mie gote arrossate. E la magia della sottomissione mi si svelò presto: bastava che il mio capo annuisse, accompagnato da un sorriso timido, e per Carlo ero la moglie migliore del mondo. Mi abbracciava tutto fiero, sussurrandomi che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare di concludere un affare come quello che ci aveva uniti in matrimonio. Non mi convinceva del tutto quell’affermazione, ma la mia testa continuava a piegarsi ugualmente in docili segni d’assenso.
Arrivò un altro uomo. Molto più bello, molto più giovane e molto più affascinante del mio Carlo, al quale, tuttavia, volevo bene. Quest’uomo arrivò da noi in carrozza da un paese lontano, cenò con noi e mi osservò fissamente per tutto il tempo in cui ci trovammo insieme.
Mi fece una domanda, una sola.
Ed io risposi di sì.
Dopo di lui arrivarono altri uomini, tutti mi rivolgevano la stessa domanda, tutti volevano una cosa sola da me e io mi resi conto che non riuscivo a pronunciare la parola “No”. Mi ero assuefatta da quella sillaba sibilante che mi sfuggiva dalle labbra ancora prima che i miei pensieri potessero convergere in una risposta diversa. Accettavo, assertivo, annuivo. Dispensavo tutti della mia generosità, nessuno escluso.
Carlo non la prese affatto bene ed ora eccomi qui, di fronte alla cattedra di un tribunale, a prendermi la responsabilità di colpe che, evidentemente, sono mie. È stato un buon marito fino in fondo, avrebbe potuto uccidermi senza remore e invece si è limitato a trascinarmi a giudizio di fronte a questo uomo in toga nera.
«Anna Mezzari coniugata Sassari, Vi dichiarate dunque colpevole del reato di adulterio di cui siete stata accusata?».
«Sì».