Questa non è una classifica, sono soltanto cinque modi di iniziare un libro. Fateci sapere se vi piacciono, se ve ne piace solo uno, due, se vi piacciono tutti. Se non ve ne piace nessuno. E magari la classifica dopo la fate voi. Con i vostri.
“Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d’albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell’albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.” – Chiedi alla polvere- John Fante (traduzione di Maria Giulia Castagnone)
“Il giorno che l’avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il bastimento con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli.” – Cronaca di una morte annunciata- Gabriel García Márquez (traduzione di Dario Puccini)
“Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa- non importa esattamente quanti- avendo in tasca poco denaro, o forse non avendone affatto, e non avendo nulla di particolare che mi trattenesse a terra, pensai di andarmene un poco per mare, a vedere la parte del mondo coperta dalle acque. E’ il sistema che uso per scacciare la tristezza e tenere sotto controllo la circolazione. Ogni qualvolta m’accorgo che mi si va formando intorno alla bocca una piega arcigna; quando sulla mia anima scende un umido, piovigginoso novembre; quando mi sorprendo a sostare involontariamente davanti ai negozi di casse da morto e a seguire ogni funerale che incontro; e specialmente quando l’ipocondria prende il sopravvento su di me a un punto tale da far sì che debba ricorrere a un forte principio morale per impedirmi di scendere deliberatamente in strada a far saltar via il cappello dalla testa della gente… allora giudico che sia giunto il momento di andar per mare il più presto possibile.” – Moby Dick- Herman Melville (traduzione di Pietro Meneghelli)
“Era il 13 luglio del 1986 quando un imbarazzante desiderio di non essere mai venuto al mondo s’impossessò di Leo Pontecorvo. Un attimo prima Filippo, il suo primogenito, era alle prese con la più gretta delle lamentazioni infantili: contestare l’esigua quantità di patatine fritte che la madre gli aveva fatto scivolare nel piatto a fronte dell’inaudita generosità mostrata verso il fratello piccolo. Ed ecco un istante dopo l’anchorman del tg delle venti insinuare, al cospetto di un considerevole spicchio di nazione, che il lì presente Leo Pontecorvo avesse scambiato lettere depravate con la ragazza del suo tredicenne secondogenito.”- Persecuzione- Alessandro Piperno.
“Avevo la pasta sul fuoco in cucina, quando squillò il telefono. Alla radio davano la Gazza ladra di Rossini, il sottofondo musicale ideale per prepararsi un piatto di spaghetti, e io l’accompagnavo fischiando. Fui tentato di non rispondere, gli spaghetti erano quasi cotti, e Claudio Abbado stava giusto per portare l’orchestra filarmonica di Londra all’apice dell’intensità drammatica. Pazienza, mi rassegnai ad abbassare il fuoco, andai nel soggiorno e sollevai il ricevitore. Poteva anche essere un conoscente con qualche nuova proposta di lavoro. – Vorrei dieci minuti del tuo tempo, – disse senza preamboli una voce di donna. Io sono piuttosto bravo a riconoscere le persone dalla voce, quella lì però non l’avevo mai sentita. – Scusi, con chi desidera parlare?- chiesi educatamente. – Proprio con te. Dieci minuti, dammi solo dieci minuti del tuo tempo. Vedrai che riusciremo a intenderci perfettamente-.
L’uccello che girava le viti del mondo- Murakami Haruki (traduzione di Antonietta Pastore)