Aderito alla sinistra hegeliana, Ludwig Feuerbach contrappone all’Hegelismo un umanesimo naturalistico, rimproverando il maestro di aver invertito il rapporto tra pensiero ed essere. La filosofia non può limitarsi al concetto, ma deve andare oltre, spingersi fino a trovare l’essere concreto: in altre parole, l’uomo nella sua naturalità.
Testamento ispiratore di tutta la Sinistra hegeliana, opera filosofica tra le più influenti e decisive del secolo, nel 1841 Feuerbach dà alle stampe L’essenza del Cristianesimo. Qui la Religione è concepita come momento di alienazione umana, ed è oggetto di una spietata analisi critica. Come l’Idealismo hegeliano, Essa pone l’astratto, cioè Dio, come soggetto, e il concreto, l’uomo, come oggetto della sua creazione, manifestazione della sua infinita potenza.
Secondo Feuerbach, tale prospettiva deve essere rovesciata: non è Dio che crea l’uomo, ma l’Uomo che crea dio. Il cardine teorico di tutta la Sinistra hegeliana sta in questo rovesciamento. L’uomo pone fuori da sé stesso Dio, oggettivando tutte le sue aspettative psicologiche, tutte le sue qualità e aspirazioni in una sorta di realtà fittizia. Aliena, appunto. Di conseguenza, l’alienazione religiosa determina un impoverimento della natura umana, una scissione dell’uomo da sé stesso.
Il processo di questa scissione è duplice. Da un lato, l’uomo è inteso come un essere che prova un sentimento di dipendenza verso la natura che lo sottende, come se fosse inchiodato a qualcosa, tenuto prigioniero senza alcuna via di fuga. Al contempo, l’uomo è teso perennemente a superare queste barriere, questi limiti che la natura gli ha imposto, come se fosse nato per combattere la propria impotenza. Avendo un’inconsapevole percezione dell’onnipotenza, e nel porre la propria coscienza simbolica sulle cose, l’uomo antepone Dio al mondo, l’Assoluto alla realtà. Tuttavia, il tentativo è di dimostrare che queste caratteristiche non appartengono a un singolo essere, umano o divino che sia, ma all’Umanità nel suo complesso.
L’ateismo di Feuerbach è da intendersi non soltanto come un possibile approdo conoscitivo, ma come un dovere morale e mezzo di liberazione. L’Umanità deve negare Dio, e riconoscere in sé stessa quelle qualità che aveva delegato a un essere astratto. Per giungere a questa coscienza, però, è essenziale che ogni uomo si percepisca non come singolo, ma come un membro dell’Umanità stessa, poiché soltanto in Essa ogni individuo può risolvere quei limiti individuali che l’hanno spinto, inconsciamente, a ritirarsi nella dimensione religiosa.
Insistendo sulla dimensione naturale dell’uomo, Feuerbach manifesta la sua esigenza di scardinare il mistero che si cela dietro l’astrattezza del soggetto filosofico tradizionale, con uno fatto di <<carne e sangue>>. La filosofia è intesa come teoria dell’uomo, ovvero Antropologia. Ogni superamento dell’alienazione deve rimandare sempre alla centralità dell’uomo naturale, come definitivo oggetto di conoscenza, sia scientifico sia etico.
Il mondo si dà all’uomo non come Idea (Idealismo), ma come intuizione sensibile (Empirismo): la realtà si dona non nella mediazione riflessiva, ma nell’immediatezza sensibile. Il mondo è un oggetto che induce delle grandi passioni, ma soprattutto desiderio, un sentimento che prova concretamente l’esistenza delle cose, e che scandisce l’appagamento e la perdita, la gioia e il dolore. L’essere del mondo sta unicamente e assolutamente nel rapporto che l’uomo stipula con esso.
Il rapporto Io-Tu sta alla base della certezza conoscitiva. Inoltre, l’incontro dell’Io col Tu genera la mia esistenza come agente morale, nello stesso modo in cui l’incontro tra un uomo e una donna genera l’esistenza biologica. Secondo Feuerbach, è esclusivamente con l’altro da sé che si forma la mia coscienza, l’uomo è di natura sociale. L’Io conosce i propri sentimenti poiché li ritrova nel Tu (l’Altro), e conosce il proprio sentimento morale solo se si manifesta in questa interazione. Il confronto con l’altro soggetto è un riflesso della nostra natura, è il risultato delle nostre azioni. L’Altro, nella sua composizione psico-somatica, ci rimanda continuamente ciò che si é.
La Trinità cristiana, allora, diventa la metafora del rapporto scisso Io-Tu, e dell’ancora irrisolto amore per l’Umanità. Una costruzione simbolica che nasconde le contraddizioni della società, e il rapporto alienato dell’uomo col mondo. Una grandiosa metafora, certo, ma che deve essere rovesciata, perché resti, come assoluto principio della filosofia, l’unità dell’uomo con l’uomo.
L’Uomo come unica religione.