Perché la geometria è importante
Il fascino delle case cantoniere, avvolte nella loro tinta sempre uguale a se stessa, immobili e vigili ai bordi delle arterie più importanti d’Italia. O almeno questo il loro compito originario, perché oggi la maggior parte di loro sono diroccate o abitate da fantasmi.
Protagonista iniziale di questo romanzo di Paolo Teobaldi, Macadám, è una città dalla forma pentagonale circondata da antiche mura, poi demolite perché nemiche del progresso. Ma cosa sarà mai, quando anche i bolognesi hanno rinunciato a quattro chilometri di barricata e i milanesi hanno sacrificato le mura spagnole e cementificato lo scorrere dei Navigli? Così spunta, ben delineata, una città di fantasia, al confine tra la Romagna e Pesaro, in un punto al chilometro 238,491. Sulla strada Adriatica, e ancora più precisamente sul Curvone, vive il cantoniere Macadám. Si prende cura del suo pezzo d’asfalto, il suo amatissimo cantone, come fosse un tipico giardino all’italiana: rigoglioso di tigli striminziti, lucido e profumato come la terra bagnata d’estate. Macadám, dal nome del creatore MacAdam, è una tipologia di pavimento stradale in breccia, più comunemente conosciuto come ghiaia compressa. Asfalto, insomma, ma che per Gengoni Selvino è quasi una religione. La strada è la sua missione e con solennità di occupa di lei senza mai abbandonarla, eppure senza viverla. Dedito al lavoro, ha trascurato i rapporti personali e la famiglia, non ha mai viaggiato concretamente, ma ha visto luoghi e vissuto storie con gli occhi degli altri. Tra invenzioni e passi della Storia reale, riporta le testimonianze di chi ha messo le radici in quel luogo, ma anche di coloro che sono passati casualmente.
Le sue prime cantoniere non le aveva mai scordate: e neanche i suoi primi amori, diceva all’Isolina per darle l’azzica, le strade battute, le biche chiuse, le siepi pareggiate, gli alberi potati, i greppi sbarbati, i fossi spurgati: con un impegno, uno zelo, una passione, che i cantonieri più anziani lo prendevano anche in giro.
Scorre veloce senza intoppi la lingua ricca di Paolo Teobaldi: proprio come l’Adriatica a due corsie, senza perdersi un dettaglio lungo il tragitto. Come una filastrocca cantilenante, l’autore descrive anche gli elementi più trascurati di questo paesaggio marittimo con il suo idioma puntinato da termini dialettali e modi di dire che affascinano fin dalla prima pagina. In questo romanzo può esserci di tutto come di tutto passa lungo la strada: il rimpianto per un figlio mai nato, i rapporti che si spezzano, la vita del paese che da idilliaca diventa difficile, il cambiamento nel mondo e l’irrimediabile passare del tempo, che rende vecchi anche gli invincibili. Teobaldi mescola tutto, ingabbia il lettore con la sua prosa sciolta, allegra, tristissima, tenera, surreale ma anche iperrealistica.