Nato a Vicenza nel 1929 e morto a Treviso nel 1986, Goffredo Parise è stato narratore, romanziere e giornalista. Di radici umane e letterarie legate profondamente alla cultura veneta, Parise ha sempre visto nella letteratura uno strumento di conoscenza che nasce dall’esperienza di vita: la vita concreta, fatta di relazione con le persone. Immerso fino in fondo nel presente, ha costruito con la sua opera un’immagine quanto mai diretta dell’Italia contemporanea.
È il 1965, quando un poco più che trentacinquenne Parise ritorna a far parlare di sè dopo cinque anni di silenzio: esce in pubblicazione Il padrone, romanzo che avrebbe fatto parlare di sè e che ben si inserisce in un filone della letteratura italiana, quello della cosiddetta “letteratura industriale” che affronta principalmente il tema dell’alienazione, di grande attualità dai primi anni ’60. È l’alienazione derivante dall’imperante industrializzazione e dal trionfo delle macchine, che riduce l’uomo ad oggetto in una società dominata dai dogmi della produzione e del denaro.
Parise affronta questa tematica con uno spirito quasi grottesco nel raccontare la storia di un ragazzo che, completati gli studi, lascia la casa natale per trasferirsi in una grande città (volutamente imprecisata), nella quale trova lavoro in un’azienda commerciale. Qui viene affidato al dottor Max, proprietario della ditta e in conflitto generazionale e gestionale con il vecchio padre. L’impatto del titolare sulla vita del protagonista è devastante: egli – fa dire Goffredo Parise al ragazzo – è soltanto quello che è: il padrone. Padrone del mio tempo, dei miei atti, dei miei pensieri, dei miei sentimenti e del tempo libero che è interamente occupato dalla sua presenza.
In un clima surreale, freddo e opprimente, si susseguono le vicende di personaggi che sembrano quasi estrapolati da una favola: il dottor Bombolo, la dolce Selene, il dottor Rebo (nuovo Responsabile del personale, i cui metodi innovativi si rilevano però solo l’altra faccia di un copione già scritto), la povera Zilietta, donna dai palesi problemi mentali che il protagonista, alla fine, sarà costretto a sposare per credersi felice.
Goffredo Parise dipinge con maestria, con essenzialità e con estrema lucidità un ritratto vero della nuova società industriale, dominata da un “produttivismo”sfrenato, dal trionfo delle macchine e dal consumismo; una società nella quale sembra dominare una sola forza, che irrompe nella storia dell’uomo moderno: lo stress, questo disagio psichico che provoca malori fisici e che coincide – inesorabilmente – con un peggioramento evidente della qualità della vita.
Pirandello, Svevo e Kafka sono i maestri di Parise, che costruisce un romanzo pienamente novecentesco, più che mai contemporaneo.